Ecco che cosa c'era scritto nel Corsera appena qualche giorno fa: "La strage di piazza della Loggia a Brescia (28 maggio 1974) è 'sicuramente riconducibile' alla destra eversiva e 'tutti gli elementi evidenziati convergono inequivocabilmente nel senso della colpevolezza di Carlo Maria Maggi' e del collaboratore dei servizi segreti Maurizio Tramonte. Sta scritto nelle motivazioni della sentenza con cui i giudici hanno condannato i due neofascisti veneti all’ergastolo per l’eccidio costato la vita a otto persone".
Ieri invece la Repubblica scriveva questo: "Una nuova pagina giudiziaria si apre per un nuovo mistero, l'ennesimo, riemerso dalla memoria della mattina del 16 marzo 1978, della strage di via Fani, del rapimento di Aldo Moro". La "nuova pagina giudiziaria" riguarda in particolare la presenza di "un'auto misteriosa" nel luogo dell'agguato, auto che fu bersagliata di colpi forse dai brigatisti, forse no. La Procura di Roma ha deciso di fare chiarezza.
Ed è proprio su questo punto del fare chiarezza che si alzano le perplessità mie e, credo, di tutti i lettori che hanno l'età per aver letto quelle pagine di Storia quando ancora erano "ultim'ora". Molti, forse i più, si stringeranno nelle spalle: i decenni ci hanno insegnato che quella del fare chiarezza è la più comune tra le promesse disattese. Altri, ostinatissimi, spereranno che si trovi materiale a sufficienza per aggiornare i libri: da questo punto di vista, non è mai troppo tardi perché emerga la verità.
Può anche darsi, infine, che non abbiano ragione né gli uni né gli altri: spunteranno forse dettagli importanti, rivelazioni anche fondamentali, ma saranno tasselli di un puzzle ormai dato per incompleto. Non serviranno a rimodellare la coscienza di un Paese che è quello che è anche per essere stato ferito (da bombe e pallottole) e umiliato (da una giustizia elefantiaca), un Paese nel quale la Storia passa dritta dal dramma all'indifferenza.
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