La strada insanguinata

Ieri mi è spuntato un pensiero curioso. Questo: «Il prossimo che parla di ladri, legittima difesa, pistole e tutela o meno della vita, gli sparo». Una battuta involontaria ma anche, credo, la testimonianza della mia inclinazione ad approvare l’uso delle armi una volta che la libertà personale - perché un furto, ovvero un tentativo di intrusione, è questo - venga violata.

Nella mia testa però le cose si complicano spesso e questa faccenda non costituisce un’eccezione. Se dovessi rappresentare la mia opinione in modo succinto direi così: sono favorevole in linea di principio all’uso delle armi per difendere famiglia e proprietà ma sono contrario alle armi in generale.

Diciamola tutta: il dibattito sullo “sparare sì, sparare no” non può prescindere da una considerazione ovvia: a seconda del versante che vorremo scegliere, alla conformazione che vorremo dare alle leggi e all’impronta culturale che vorremo assumere in relazione a questi episodi, ne conseguirà una maggiore o minore diffusione delle armi da fuoco in Italia. Per comprendere che cosa succede quando, in un Paese, si permette - per motivi sociali, storici e politici che non mi sogno neppure di discutere - l’acquisto relativamente ”facile” di una pistola o di un fucile, occorre senza dubbio guardare agli Stati Uniti. Non fate quelle facce: è vero che noi non siamo cowboy ma perché, pistola in mano, dovremmo poi comportarci in maniera tanto diversa da loro?

I dati sull’impiego delle armi da fuoco in America fanno riflettere. Una statistica risalente al 2010 rivela che quell’anno negli Usa ci furono 31.513 morti per ferita da arma da fuoco, di cui 11.015 omicidi, 600 accidentali e 19.308 suicidi. Un effetto collaterale, quest’ultimo, al quale non tutti pensano: non serve una pistola per togliersi la vita, certo, ma rende il gesto molto più facile.

Insomma, procedendo lungo la strada del “più pistole per tutti” potremmo scoprire che è più insanguinata di quanto avremmo desiderato.

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