«REGGIO EMILIA - Spacciatore di cocaina col “vizio” del biliardo. La partita a boccette con un amico, in un bar di una città, Reggio Emilia, dove non poteva stare per ordine del giudice, è costata il ritorno in carcere per un magrebino di 30 anni, “pizzicato” dai carabinieri mentre disobbediva alla misura cautelare del divieto di dimora, disposta quando fu scarcerato con l’accusa di concorso in spaccio di stupefacenti: non avrebbe potuto più stare nella provincia reggiana».
Come avrete già capito, ci risiamo. Il giochino, in effetti è tra i prediletti del sottoscritto: prendere una notizia Ansa e spremere, in tutta libertà di pensiero, illazione e perfino follia, il succo che potrebbe contenere. Nel caso di cui sopra, si aprono almeno due strade divergenti. La prima è quella dell’ironia, se facile o meno lascerei a voi il compito di deciderlo. La notizia attesta che il gioco - inteso come “sfida” con un amico, e dunque competizione e desiderio di prevalenza - può indurre facilmente a comportamenti irrazionali, ovvero all’errata valutazione dei rischi, aprendo con ciò la porta all’assurdo e al comico. Il caso del nostro magrebino si conforma a pennello: eccolo agguantato dai carabinieri in mezzo a una partita mentre le palle - premonizione? - ancora girano.
La seconda strada è quella del pistolotto indignato. Anche qui, l’ossatura del commento è già in piedi: un criminale - perdipiù straniero - ostenta un tale disprezzo per la legge e una completa indifferenza per le conseguenze di ogni violazione della medesima, da andarsene tranquillamente a giocare al biliardo proprio dove il giudice - magistrato la cui autorità è ridotta a zero - gli ha intimato di non mettere piede.
Scegliete pure la strada che preferite, ma permettetemi prima di ventilare una terza ipotesi. Potrebbe essere questa l’ennesima constatazione che il crimine è attività stupida praticata da stupidi. Il che non lo rende meno temibile. Anzi.
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