Eccoci di nuovo tra le cronache italiane dell’Ansa: «FIRENZE, 20 OTT - “Aiuto, c’è una tigre libera in strada”. Ma era un peluche. È accaduto ieri sera a Firenze, quando un automobilista ha contattato i carabinieri per segnalare di aver notato una tigre del Bengala in un sottopasso di via Livorno, nella zona dell’Isolotto. I militari, arrivati sul posto, hanno scoperto che si trattava di un grosso peluche, ben fatto, che riproduceva il temibile felino a grandezza naturale».
L’agenzia non specifica se l’animale di peluche sia stato riaccompagnato in una foresta di cartone o in uno zoo di cartapesta e in effetti non ha molta importanza: non è il suo destino al centro dell’attenzione, qui, ma il nostro. È una tentazione alla quale bisognerebbe sottrarsi quella di attingere dalla realtà per costruire metafore su misura per il proprio pensiero, eppure a volte non c’è modo di resistere.
Andiamo! Una tigre di peluche in mezzo alla strada spaventa un automobilista di passaggio... Quante tigri di peluche, ogni giorno, ci spaventano e ci preoccupano anche senza bisogno di scendere per strada? Quanti monumentali cialtroni dal pelo tigrato ruggiscono ogni giorno spalancando fauci di pezza? Apocalittici, complottisti, razzisti, profittatori, affabulatori, truffatori: il loro vero delitto è quello di rendere difficile, se non impossibile, l’individuazione della tigre vera tra le tante farlocche. È per questa ragione che, in gruppo, fanno paura, mentre tra sole sono ridicole.
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