Se, oggi, possiamo azzardare la previsione che, in novembre, sarà Hillary Clinton e non Donald Trump a diventare presidente degli Stati Uniti lo dobbiamo a chi, nel tentare il vaticinio, ha qualcosa da guadagnare e, soprattutto, da perdere: i bookmaker. Le quote diffuse ieri da Paddy Power, un’agenzia di scommesse basata in Irlanda, sono dunque da considerarsi la più seria analisi elettorale emersa finora sulla situazione americana e il bello è che la si può riassumere in una riga: Clinton favorita su Trump per 1,83 a 4,00. Altrettanto semplice la spiegazione: per ogni euro scommesso su Hillary se ne vincono, in caso di successo della signora, 1,83; gli euro salgono a 4 nel caso la spunti Trump. Dall’inclinazione di Paddy Power a rischiare meno su Clinton si deduce che questa viene data per favorita.
Premesso che nessuno può sapere che cosa accadrà da qui a novembre, le quote del bookmaker sono di gran lunga lo strumento più serio e, oserei dire, quasi scientifico a disposizione di chi vuol sapere oggi come andrà a finire domani. Questo per la buona ragione che Paddy Power, e tutti le simili organizzazioni che operano nel mondo, dipendono dall’accuratezza nel calcolo dei rischi per guadagnare denaro e, soprattutto, per limitare le possibilità di perderlo.
Tutto il resto, spiace dirlo, sono chiacchiere di chi non ha nulla da perdere. Sembra incredibile, ma raramente il pubblico si volta a guardare l’esito delle divinazioni politiche, economiche e sociali prodotte quotidianamente dai cosiddetti esperti. Una fortuna, per loro, perché non c’è carriera che ne uscirebbe intatta: da Luttwak in su, o in giù se preferite, le strade degli “strateghi” sono piene di svolte su precipizi, interruzioni a fondo cieco, svincoli sperduti in deserti del senso e della ragione. Noi spesso cadiamo nella tentazione di prendere a prestito tanta effimera “saggezza” perché avere grandi opinioni su grandi temi è oggi la più diffusa delle vanità. Poco male, se di tanto in tanto ci ricordassimo di riderci su.
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