E’ curioso pensare che una cosa di cui, tutto sommato, capiamo abbastanza poco possa già avere una storia. Internet, per esempio. La mia generazione è da poco riuscita a comprendere la differenza tra un link e una gallery e a non pensare agli enzimi del fegato quando legge l’acronimo Html, che qualcuno, l’occhio velato da una lacrima di nostalgia, va incominciando a impostare anniversari, celebrazioni e, presto, presiederà alla posa di lapidi e cippi. Il 15 marzo scorso, domenica, sono stati celebrati per esempio i trent’anni del primo dominio “punto com”. Ci credete? Il suffisso più popolare della Rete, per molti è un simbolo di modernità assoluta, del presente aggiornato se non del futuro più promettente, ha tre decenni di vita, tanti quanto Cristiano Ronaldo, Francesca Pascale, Keira Knightley e Nicole Minetti. Tutta gente giovane, per carità, ma non precisamente inquilina del reparto neonatale.
Il primato di “.com” più antico spetta a un sito, guarda un po’, di informatica: symbolics.com che, appunto nel 1985, affacciandosi alla neonata Rete, gestita allora dal Dipartimento della Difesa americano, scelse, tra le tanti possibili combinazioni, proprio quella destinata a diffondersi in ogni angolo del mondo.
In fila dietro a Symbolics si misero nomi ben più altisonanti dell’industria, ma, due anni dopo, i “.com” registrati non erano più di cento: tra questi Xerox, Ibm, Intel, Adobe e Apple. Microsoft arriva solo nel 1993, Amazon nel 1995, eBay pure, Google nel 1997 e Facebook nel 2004. Ultimo arrivato tra i colossi “.com” è Twitter: 2006.
Così giovane nelle nostre menti, già adulto nella realtà del calendario: l’ennesima dimostrazione che Internet ha una natura intrinseca inafferrabile. Sintesi perfetta della programmazione umana, sfugge al nostro controllo per dimensioni, contenuti e, adesso, anche per profondità cronologica. Niente di strano: esistiamo circondati da elementi che ci sovrastano. È la vita. Anzi: la vita.com.
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