Che voce avrà avuto Giulio Cesare? Profonda, addirittura cavernosa, o magari squillante, persino acuta? E Napoleone, con che tono avrà pronunciato il suo «Dio me l’ha data, guai a chi me la tocca»? In un sussurro a mezza bocca, oppure tuonando al punto da far tremare la volta del Duomo?
Non lo sapremo mai e non solo perché, ai tempi, non c’erano microfoni e registratori che potessero catturare le onde sonore emesse dai menzionati giganti della Storia. La ragione è un’altra: non possiamo perché non disponiamo del loro Dna o riuscirebbe difficile procurarcelo. In caso contrario, il gioco sarebbe fatto.
Chi si prendesse la briga di leggere un lungo papiro scientifico-letterario pubblicato in The New Inquiry scoprirebbe che in apparenza è possibile ricostruire la voce di qualcuno partendo dal suo Dna. Lo sostengono due ricercatrici dell’Università di Basilea che, in collaborazione con la Facoltà di medicina di Yale, hanno raccolto il Dna del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (morto nel 1900) da libri a lui appartenuti. Le due hanno inserito il Dna in un affare chiamato VoiceRator, ricavandone un «profilo vocale» a sua volta affidato a una stampante 3D che ha costruito una sorta di laringe artificiale. Alle scienziate non è restato altro che dire “sim-sala-bim” e sacrificare un pollo in una notte di luna piena per ottenere il risultato finale: un file mp3 della presunta voce di Nietzsche che legge un brano di una lettera da lui indirizzata nel 1889 a Georg Brandes. Ebbene, Nietzsche non suona Übermensch proprio per niente: la sua è una voce piana, tranquilla, con un sospetto di adenoidi.
Immagino che le ricercatrici abbiano scelto il filosofo di “Also sprach Zarathustra” per ragioni di accessibilità del Dna e non per particolare affinità con il suo pensiero. Sta di fatto che hanno aperto la strada perché, tra non molto, noi si debba vivere circondati dalle voci del passato oltre che da quelle del presente. Solo il futuro insisterà nel suo implacabile silenzio. Ed è per questo che confidiamo in lui.
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