Se fosse possibile calcolare l’”audience” totale - quella vera, non stimata - avuta dal video dell’incontro Matteo Renzi-Beppe Grillo saremmo di fronte, credo, a un numero strepitoso, tale da far impallidire i più rosei dati d’ascolto del Festival di Sanremo. Eppure è stato un incontro nullo, basato sul nulla, dal quale nessuna delle due parti aveva la benché minima intenzione di ricavare qualcosa più di nulla. Una rappresentazione a beneficio (?) nostro ma vuota, quanto vuoto può essere un qualunque spettacolo televisivo. Gli unici interessi in ballo erano quelli dei due, per modo di dire, “contendenti”: entrambi li hanno difesi per bene.
Uno, Matteo Renzi, sapeva benissimo di non poter cavare un ragno dal buco da Grillo, ma aveva tutto l’interesse a recitare la parte del Democratico, di “colui che tende la mano”; quello “aperto al dialogo” che, con la mano sul cuore e tutta la possibile buona volontà che è possibile simulare, vuole offrire all’altro la possibilità di “partecipare”, di “fare qualcosa insieme”, naturalmente “per il bene del Paese”.
L’altro, Beppe Grillo, aveva un interesse uguale e contrario: rappresentare, con la stessa intensità, la figura dell’Intransigente: quello che “non scende a patti con il sistema”, perché la premessa “è che dovete andare tutti a casa” e “le persone oneste non hanno niente da dire a quelli come te”.
Due commedianti, si capisce, perché nelle parti che rappresentano non si individua alcuna profondità: con l’occhio della telecamera che trasmetteva l’incontro in “streaming” puntato su di loro, Renzi e Grillo pensavano soltanto a noi. Ma non al nostro interesse: loro preoccupazione era “l’impressione” che in noi avrebbero lasciato. Avremmo preferito la pura durezza dell’Intransigente? Oppure la generosa disponibilità del Democratico? Probabilmente siamo rimasti sulle posizioni che avevamo prima dell’incontro e di ciò entrambi saranno soddisfatti. La spartizione della nostra credulità è infatti ciò che davvero li accomuna.
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