L'abbonamento

L'abbonamento

Ho ricevuto l’altro giorno una mail il cui il New York Times mi annunciava che, vista la scadenza del mio abbonamento, presto non mi avrebbe più spedito a casa la quotidiana copia del giornale. Questo mi ha sorpreso e amareggiato. Il fatto è che non ho mai ricevuto a casa anche un solo numero del Times. Fino a quando non sapevo di essere abbonato, non mi importava granché. Venutone a conoscenza, mi sono girate un po’ le scatole.

In giornata, il mistero si è chiarito: il New York Times ha fatto sapere che la mail era stata inoltrata per errore. Insieme alla mia, ne erano state inviate «oltre otto milioni». In gergo tecnico, l’accaduto si definisce «pestare una cacca». L’aspetto sorprendente della vicenda è che il Times, dopo uno sbandamento in cui ha cercato di rifilare la colpa a un hacker, si è deciso a dedicare alla vicenda un notevolissimo articolo.

In questi casi, da noi si tenta di buttare tutto in vacca, come dicono a Oxford, con noterelle da scimuniti nelle quali si balbetta di «spiritelli maligni», «piccoli incidenti», «tempi ristretti di lavorazione». Il Times ha pubblicato invece un vero articolo, serio e documentato, raccogliendo, tra virgolette, le dichiarazioni dell’editore, quantificando con precisione la mole del danno e indicando senza reticenze il responsabile dell’inghippo: non perché la notizia veniva da dentro casa, insomma, la redazione si è concessa uno sconto. «Ma guarda che bravi» ho pensato: «Quasi quasi mi ci abbono, a questo giornale». Peccato che poi non me lo mandino mai.

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