L'abito

L'abito

C’è una scena, nel film di Luis Buñuel "Il fascino discreto della borghesia" (1972) in cui un vescovo, in attesa che la coppia dalla quale è in visita si faccia viva (la pellicola è intessuta di appuntamenti mancati), esplora il parco della casa e non resiste alla tentazione del giardinaggio. Smessi i panni di vescovo, indossa una tuta da lavoro e si dedica al trapianto di alcune essenze. Quando si presenta ai padroni di casa, questi non vogliono credere che sia un vescovo e lo sbattono fuori. Per farsi ricevere, dovrà tornare vestito in modo appropriato.

Come dire: l’abito non fa il monaco, ma il vescovo sì. Oppure: nella società i ruoli sono dettati dalle apparenze. Comunque sia, tutti in fondo sappiamo quanto l’aspetto delle persone che incontriamo influenzi il nostro giudizio: molto spesso non valutiamo idee e sentimenti quanto cravatte e giacche.

Oggi c’è chi sostiene che non solo gli abiti degli altri ci condizionano, ma anche quelli che noi stessi indossiamo. La controprova la si è avuta facendo indossare un camice bianco a metà di una classe impegnata in una ricerca di laboratorio, mentre l’altra metà ha continuato a indossare gli abiti di tutti i giorni. Ebbene: la parte di classe in bianco ha ottenuto risultati migliori dell’altra. È senz’altro un’importante scoperta aver accertato che uno studioso vale quanto il suo camice, un vescovo quanto il suo abito e un generale quanto le sue medaglie ma, ammettiamolo, fa un poco paura. Nessuno però ha mai detto che questa vita è profonda: ce lo siamo messo in testa noi.

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