L'allegoria

Non so ancora se una cura sia possibile. Per il momento, sono quasi sicuro che si tratti di una malattia. Il sintomo principale è molto curioso: agli occhi del soggetto colpito da questo morbo, tutto diventa un’allegoria. I primi effetti li ho sperimentati su me stesso il giorno in cui il buon Schettino ha deciso di ripassare la chiglia della Costa Concordia sulle rocce del Giglio. Il grande scafo inclinato, dal quale i passeggeri, abbandonati al loro destino dai responsabili della navigazione, cercavano di scappare, mi era parsa tuttavia un’allegoria troppo lampante per poter essere un prodotto della mia mente.

Nel giro di poche settimane, però, gli episodi si sono ripetuti. La capitale d’Italia sepolta sotto la neve, il Paese intero congelato, la primavera improvvisa: tutto materiale buono per costruirci allegorie sulle difficoltà amministrative, la paralisi politica e la fiducia nel futuro che, a fasi alterne, caratterizzano l’attualità italiana. Non bastasse, si è aggiunto alla conta quel manifestante idiota che, in Val di Susa, insulta un carabiniere: difficile non leggere, nella rivoltante scenetta, l’allegoria del duello, da noi rituale, tra arroganza e sopportazione.

Allegorie, allegorie e ancora allegorie. Al punto che, ieri, ho interpellato un tale in uniforme: «Scusi: lei chi mi rappresenta? L’ignoto che incombe? La macchinazione del potere che si acquatta dietro la mia porta? Un’avvisaglia di totalitarismo?» «Sono il postino», ha detto lui: «Consegno la corrispondenza». Chissà che cosa avrà voluto dire...

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