Quante volte credete sia stato invocato l'inizio di un nuovo Rinascimento? A occhio, direi troppe. Non è che i Rinascimenti capitino spesso. Teniamo conto di un fatto: le “nascite” sono episodi che, per loro natura, avvengono una volta per ogni singolo soggetto. La circostanza che, secoli fa, ci sia stato un Ri-nascimento già ha del miracoloso: nascere due volte, come abbiamo detto, è praticamente impossibile (fino a prova contraria). Ci sono riuscite le arti, prima quella classica e poi, appunto, quella rinascimentale. Da allora l'uomo non ha smesso di sperare che il fenomeno si ripetesse, quasi privilegiando l'idea di una grande e repentina fioritura intellettuale ai piccoli ma costanti progressi che, in fondo, tanti benefici ci hanno portato. Ma non c'è niente da fare: l'idea del Rinascimento affascina.
Tra gli ultimi sedotti e (non ancora) abbandonati, l'americano Brian Hoffstein il quale, in un bell'articolo, ha esplicitamente evocato la speranza che il consesso umano possa a breve godere di un secondo Rinascimento o, per usare la sua espressione, di un “Rinascimento 2.0”.
Questo fenomeno, sostiene Hoffstein, dovrebbe riguardare soprattutto l'imprenditoria perché gli imprenditori sono come artisti che, invece di imbrattare tele o scalpellare marmi, fanno del mondo la loro “opera d'arte”. “Michelangelo nel passato e Quentin Tarantino oggi - scrive Hoffstein - sono artisti perché hanno creato delle realtà prima inesistenti traendole dal loro cervello. I grandi imprenditori devono fare altrettanto. Alcuni lo hanno già fatto. Pensiamo a Steve Jobs”.
E' interessante questa idea di ricollocare gli imprenditori nella sfera degli artisti. Da americano, Hoffstein pensa che ci si potrebbe riuscire riformando il sistema educativo. Io penso invece a come rilasciare il potenziale artistico degli imprenditori italiani. Potrei sbagliare, ma se Michelangelo si fosse trovato alle prese con Equitalia, sulla volta della Sistina avremmo rinvenuto tutt'altro affresco.
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