Lampedusa di Tomasi

Incontro la signora Malinpeggio sulla strada di casa e, al solito, la nostra conversazione scivola sul filosofico. Questo significa che lei discetta della sua visione, oltremodo pessimistica, delle cose e io arranco per starle dietro. Stavolta cerco di prenderla in contropiede: «Ha visto, signora Malinpeggio? Forse il mondo non è destinato a un inevitabile destino oscuro come lei vorrebbe far credere».
La signora storce il naso: «Perché dice questo?»
«Non ha sentito delle elezioni? Io stesso, qualche giorno prima della consultazione, scrivevo alcune righe disincantate, sostenendo che, dopo tutto, si sarebbe trattato di un cambiamento illusorio. Qualche piccolo spostamento percentuale di differenza tra un partito e l’altro, poca cosa, niente di sostanziale. Invece c’è stato un terremoto...»
«E secondo lei le cose sono cambiate per il meglio?»
«Non dico questo. Non necessariamente. Dico solo che un cambiamento c’è stato e, mi darà atto, un cambiamento è il primo, necessario passo per evitare di andare incontro con rassegnazione a un destino già segnato. Anche se...»
«Anche se?»
«Un grande scrittore, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, diceva che "se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi"».
«Ci aveva quasi preso - commenta la signora Malinpeggio -. La verità è che se vogliamo che tutto cambi, bisogna che tutto rimanga com’è».

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