L'anno meraviglioso

Non è che voglia difendere Facebook per quel giochino sciocco che ha messo online in questa fine d'anno – un algoritmo che, riassumendo in una sorta di album i post di ogni iscritto, crea una cartolina “personalizzata” dell'anno trascorso e, di default, lo definisce, per tutti, “meraviglioso” - ma un po' sì, vorrei provarci. E' ovvio che qualcuno abbia ironizzato e che qualcuno si sia anche offeso: c'è chi ha subito rovesci seri, nel 2014, chi ha sostenuto dolori profondi e dev'essere oltremodo irritante vedersi inscatolare la vita in una confezione rosa che fa comodo soltanto all'immagine comunque positiva e rasserenante che il social network vuol dare di sé.

Detto questo, è ovvio che Facebook – 1,3 miliardi di utenti - “spara” nel mucchio. Siete arrivati alla fine del 2014 ancora vivi e in salute? Non avete perso il posto di lavoro? I vostri familiari stanno tutti ragionevolmente bene? C'è da credere che la maggior parte dell'infinito mare degli iscritti possa rispondere affermativamente a tutte queste domande. Ebbene, tanto basta a fare del 2014, per loro e per chiunque altro, un anno “meraviglioso”.

Chi ha avuto un anno meno “meraviglioso” probabilmente non è iscritto a Facebook. E se è morto di fame, travolto dalla guerra, tormentato dall'Ebola o finito dalla meno mediatica diarrea, che ogni anno uccide un milione e mezzo di bambini sotto i cinque anni, poco gli importa degli algoritmi di Facebook. Così come si risentirà meno per l'offesa di Zuckerberg chi vive sotto il regime nordcoreano - che ai cittadini Facebook glielo dà sulla testa - o coloro che si ritrovano giocoforza cittadini del califfato dell'Isis, nel quale l'anno meraviglioso è quello in cui nessuno ti taglia la testa. Insomma, è comprensibile che qualcuno ci sia rimasto male ed è vero che, in molti casi, l'iniziativa di Facebook si è risolta in una sgradevole gaffe. Ricordiamoci però che un algoritmo offende a morte, in fondo, soltanto chi se lo può permettere.

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