L'annuncio

Anche quest’anno mi sono trovato alle prese con il problema di dichiarare ufficialmente aperta l’estate. Non si tratta, è ovvio, di un annuncio pubblico, indirizzato al mondo: se per questo, neppure riguarda il quartiere in cui risiedo. È invece un proclama a uso interno, del tutto personale, una cerimonia intima eppure solenne con la quale, nel momento che ritengo più opportuno, abbandono me stesso ai languori dell’estate riconoscendone, appunto, l’insediamento.
Vorrei precisare che, nel mio calendario, rappresenta un evento unico; ovvero non mi preoccupo, in altri momenti dell’anno, di proclamare anche la primavera, l’autunno e l’inverno. Inoltre, non è una questione di temperatura. Certo, è difficile che possa annunciare l’estate quando, in gennaio, la colonnina del termometro si ritira nella sua cuccia, ma non è affatto detto che basti il primo giorno di gran caldo per indurmi alla lieta proclamazione. È invece necessario che si realizzi una composizione molto articolata, alla quale portano un indispensabile contributo luci, colori, ombre, brevi rumori vicini e altri - più insistiti - in lontananza, impreviste brezze e tumidi odori. In realtà, non saprei definire con precisione qual è il momento giusto: soltanto, riesco sempre a riconoscerlo quando arriva.
Quest’anno è arrivato domenica, a metà pomeriggio, quando una mosca ha attraversato ronzando il mio orizzonte denunciando, nel suo volo, un’indefinibile mollezza estiva. «Ecco, adesso è estate!» ho annunciato a mia moglie. Lei ha alzato lo sguardo, come fa quando a stare con me le pare sia sempre inverno.

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