Non è che scorrendo la stampa locale di città straniere ci siano poi tante occasioni di incarcare un sopracciglio. Questo perché la stampa locale delle nostre città non manca affatto di episodi bizzarri e quando gli episodi non sono bizzarri abbastanza, ecco che la prosa sgangherata di qualche cronista provvede a ripristinare la bizzarria perduta.
Certi titoli che si incontrano all’estero, tuttavia, difficilmente potremmo trovarli da noi. Questo, per esempio: «Trend positivo nelle vendite online di pance da gravidanza». La faccenda va spiegata e la spiega, a modo suo, Amy Nip, giornalista del South China Morning Post. In sintesi, la reporter scrive che si registra un boom di vendite online di pance di silicone. Pance, specifica, che sempre più donne indossano sotto gli abiti per simulare la gravidanza.
A questo punto, io il sopracciglio l’ho inarcato, ma Amy non sembra tenerne conto e il suo approccio alla storia rimane fattuale. Per esempio, la giornalista sostiene che «ci sono miriadi di ragioni per simulare una gravidanza» ma poi ne esplicita soltanto una («farsi lasciare il posto in metropolitana») e soprattutto laddove io mi aspetterei una spiegazione di taglio sociale, lei si mantiene invece su numeri e statistiche: «Il negozio online Ivita afferma di aver venduto nell’ultimo mese 145 pance al prezzo di 50 euro l'una. Una pancia intesa a simulare una gravidanza da due a quattro mesi pesa 1,5 chili, mentre una da otto a dieci (sic!) mesi arriva a pesarne 2,9». Tutto ciò è interessante, ma Amy continua a non dirci perché le donne in Asia fingono di essere incinte. Si limita a citare un responsable del sito Ivita il quale afferma che molte donne usano le pance finte «per non far sapere di non essere incinte».
Questo aumenta ancora di più la mia confusione. Così decido di chiamare il South China Morning Post e di parlare con Amy da collega a collega. Tentativo vano: al centralino mi dicono che non è in redazione. «Come mai?» indago colto da improvviso sospetto. «Permesso maternità», è la risposta.
Certi titoli che si incontrano all’estero, tuttavia, difficilmente potremmo trovarli da noi. Questo, per esempio: «Trend positivo nelle vendite online di pance da gravidanza». La faccenda va spiegata e la spiega, a modo suo, Amy Nip, giornalista del South China Morning Post. In sintesi, la reporter scrive che si registra un boom di vendite online di pance di silicone. Pance, specifica, che sempre più donne indossano sotto gli abiti per simulare la gravidanza.
A questo punto, io il sopracciglio l’ho inarcato, ma Amy non sembra tenerne conto e il suo approccio alla storia rimane fattuale. Per esempio, la giornalista sostiene che «ci sono miriadi di ragioni per simulare una gravidanza» ma poi ne esplicita soltanto una («farsi lasciare il posto in metropolitana») e soprattutto laddove io mi aspetterei una spiegazione di taglio sociale, lei si mantiene invece su numeri e statistiche: «Il negozio online Ivita afferma di aver venduto nell’ultimo mese 145 pance al prezzo di 50 euro l'una. Una pancia intesa a simulare una gravidanza da due a quattro mesi pesa 1,5 chili, mentre una da otto a dieci (sic!) mesi arriva a pesarne 2,9». Tutto ciò è interessante, ma Amy continua a non dirci perché le donne in Asia fingono di essere incinte. Si limita a citare un responsable del sito Ivita il quale afferma che molte donne usano le pance finte «per non far sapere di non essere incinte».
Questo aumenta ancora di più la mia confusione. Così decido di chiamare il South China Morning Post e di parlare con Amy da collega a collega. Tentativo vano: al centralino mi dicono che non è in redazione. «Come mai?» indago colto da improvviso sospetto. «Permesso maternità», è la risposta.
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