Alcuni giornali hanno riferito con una certa perplessità che gli asili più cari del mondo si trovano in Cina. Poiché non siamo ancora abituati ad accostare la Cina ad alcunché di costoso, urge spiegazione. Gli asili più cari si trovano in Cina perché i cinesi, da relativamente da poco tempo aperti al libero mercato, danno molta importanza agli affari. Essi dunque pensano che per avere successo serva una buona educazione, e una buona educazione dove incomincia se non in un asilo esclusivo? Eccoli pertanto pagare per l'unico figlio o per l'unica figlia rette fino a diecimila euro all'anno.
Col risultato, si capisce, di intossicare la vita dei pargoli, caricandoli di lezioni in ogni possibile materia, impegni sociali, sport, passatempi indesiderati e soprattutto mettendoli in competizione tra loro. Nulla di diverso da quanto hanno subìto, prima di loro, generazioni di fanciulli occidentali, dall'Inghilterra vittoriana in là, indietro nel tempo fino a quando, nelle famiglie patrizie romane, il magister più pagato era senz'altro quello che più duramente frustava gli allievi.
Il tutto, allora come oggi, nella convinzione che l'infanzia sia soltanto una stagione di transizione, che l'età adulta è "quella che conta" e tanto vale sacrificare l'una in favore dell'altra. Peccato che gli adulti raggiunta - ove possibile - la sicurezza economica e garantitosi un rispettabile status sociale, realizzino il più delle volte che l'età bella, in fondo, era proprio l'infanzia. La quale diventa ancora migliore nel sogno, nella rimembranza se volete, in cui, come abili montatori, tutti noi tagliamo le scene sgradevoli per proiettare mille volte quelle idilliache. Un piccolo trucco, un inganno giocato a noi stessi. Lo faccio anch'io, perché se una cosa non voglio, è che la mia infanzia assomigli a un asilo cinese.
Col risultato, si capisce, di intossicare la vita dei pargoli, caricandoli di lezioni in ogni possibile materia, impegni sociali, sport, passatempi indesiderati e soprattutto mettendoli in competizione tra loro. Nulla di diverso da quanto hanno subìto, prima di loro, generazioni di fanciulli occidentali, dall'Inghilterra vittoriana in là, indietro nel tempo fino a quando, nelle famiglie patrizie romane, il magister più pagato era senz'altro quello che più duramente frustava gli allievi.
Il tutto, allora come oggi, nella convinzione che l'infanzia sia soltanto una stagione di transizione, che l'età adulta è "quella che conta" e tanto vale sacrificare l'una in favore dell'altra. Peccato che gli adulti raggiunta - ove possibile - la sicurezza economica e garantitosi un rispettabile status sociale, realizzino il più delle volte che l'età bella, in fondo, era proprio l'infanzia. La quale diventa ancora migliore nel sogno, nella rimembranza se volete, in cui, come abili montatori, tutti noi tagliamo le scene sgradevoli per proiettare mille volte quelle idilliache. Un piccolo trucco, un inganno giocato a noi stessi. Lo faccio anch'io, perché se una cosa non voglio, è che la mia infanzia assomigli a un asilo cinese.
© RIPRODUZIONE RISERVATA