Suppongo che l'incessante bombardamento della pioggia abbia finito per scuotermi i nervi. Non si spiega altrimenti come mai, ieri, incontrando la signora Malinpeggio, invece di esibire la classica versione cordiale di me stesso, l'ho aggredita con un profluvio di parole amare e risentite.
Un po' di colpa, credo, va attribuita alla luce opaca del pomeriggio, alle ombre grigie di cui era infestata l'aria e ai sinistri riflessi delle pozzanghere: una infausta combinazione che, sul momento, mi è parsa proiettare sul volto della signora, a metà celato sotto l'ombrello nero, un sorriso beffardo.
“Se la ride lei, eh?” l'ho investita, “E si capisce: quale tempo migliore per la signora del Pessimismo cosmico? Nulla come questo diluvio universale per dimostrare che l'uomo risiede, letteralmente, in una valle di lacrime!”
La signora ha cercato di interrompermi ma io, sull'abbrivio, non gliel'ho permesso. “Zitta! Abbia la compiacenza di non proferire verbo. Si goda pure questo tempo infame ma conservi almeno un briciolo di umanità. Abbastanza per impedirle di infierire su un'umanità dolente, per non dire inzuppata. Che gusto ci troverà, dico io, a gongolare per le disgrazie che piovono sulla Terra? Un po' di solidarietà non le farebbe male. Lasci che un raggio di speranza, se non di sole, le illumini il cuore”.
Ancora una volta la signora Malinpeggio ha accennato a voler dire qualcosa e ancora una volta gliel'ho impedito. “Silenzio! Non le permetterò di aggiungere altro dolore a questa tristezza, altra disperazione a questa malinconia. Rispetto, ecco ciò che chiedo; abbia soltanto un poco di rispetto”.
La signora ha sospirato: “Veramente io volevo dire che da mercoledì, secondo le previsioni, tornerà il sole e che questo mi rende felice”.
“Davvero?” le ho chiesto, di colpo rabbonito. “Davvero l'allieta la prospettiva di un ritorno del sole?”
“Ma certo!” ha risposto lei, “E sa perché? Perché quel giorno lei uscirà senza ombrello e, la sera sotto il temporale, di sicuro si beccherà una lavata”.
Un po' di colpa, credo, va attribuita alla luce opaca del pomeriggio, alle ombre grigie di cui era infestata l'aria e ai sinistri riflessi delle pozzanghere: una infausta combinazione che, sul momento, mi è parsa proiettare sul volto della signora, a metà celato sotto l'ombrello nero, un sorriso beffardo.
“Se la ride lei, eh?” l'ho investita, “E si capisce: quale tempo migliore per la signora del Pessimismo cosmico? Nulla come questo diluvio universale per dimostrare che l'uomo risiede, letteralmente, in una valle di lacrime!”
La signora ha cercato di interrompermi ma io, sull'abbrivio, non gliel'ho permesso. “Zitta! Abbia la compiacenza di non proferire verbo. Si goda pure questo tempo infame ma conservi almeno un briciolo di umanità. Abbastanza per impedirle di infierire su un'umanità dolente, per non dire inzuppata. Che gusto ci troverà, dico io, a gongolare per le disgrazie che piovono sulla Terra? Un po' di solidarietà non le farebbe male. Lasci che un raggio di speranza, se non di sole, le illumini il cuore”.
Ancora una volta la signora Malinpeggio ha accennato a voler dire qualcosa e ancora una volta gliel'ho impedito. “Silenzio! Non le permetterò di aggiungere altro dolore a questa tristezza, altra disperazione a questa malinconia. Rispetto, ecco ciò che chiedo; abbia soltanto un poco di rispetto”.
La signora ha sospirato: “Veramente io volevo dire che da mercoledì, secondo le previsioni, tornerà il sole e che questo mi rende felice”.
“Davvero?” le ho chiesto, di colpo rabbonito. “Davvero l'allieta la prospettiva di un ritorno del sole?”
“Ma certo!” ha risposto lei, “E sa perché? Perché quel giorno lei uscirà senza ombrello e, la sera sotto il temporale, di sicuro si beccherà una lavata”.
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