L'avevamo detto

Se la stampa vuole salvare se stessa in tempi di giornalismo fai-da-te - una tendenza che ha portato nella professione novità entusiasmanti ma, nel contempo, le ha fatto toccare minimi vergognosi - se vuole salvarsi, dicevo, sarà il caso che sia finalmente meno prevedibile. Come nel caso dei ministri o, per essere più preciso, delle ministro.

Il governo Renzi ha proposto nei suoi ranghi un’inedita percentuale di donne. La notizia c’è e i media l’hanno data da par loro. Ma non bastava registrare il fatto e, magari, aggiungervi qualche commento possibilmente non banale. No, i giornali hanno per forza dovuto imboccare per l’ennesima volta il percorso informativo che, in questi casi, prevede tre tappe: innamoramento folle, trattamento gossipparo, svilimento finale.

Tutto già visto, tutto già scritto. Dapprima le redazioni si appropriano delle biografie e procedono a fornire ai lettori una ritrattistica in toni esaltati. I curricula delle signore ministro diventano il simbolo di questa «Italia forte ed elegante», «professionale senza trascurare l’estetica», «capace di coniugare carriera e famiglia».

Questo in attesa che le ministro si presentino alla cerimonia di giuramento davanti al presidente della Repubblica. In perfetta armonia con la solennità del momento, dalle redazioni scattano in muta le esperte di “fashion”. Si pubblicano le pagelle, si soppesano i tailleur, si scrutano mascara ed eyeliner: il tutto, si intende, in termini ancora molto positivi, perché l’innamoramento è ancora in corso. Dovrà trascorrere qualche settimana, o forse qualche mese, perché la giostra completi il suo giro. Allora l’interesse dei media diventa più torbido, terroso, ruvido: un bello scandalo è quello che ci vuole. Si scoprirà che la ministro non paga il bollo dell’automobile, ha fatto avere il condono edilizio alla cognata e va dal parrucchiere dal cugino di un mafioso. E sarà bello (?) assaporare il tono burbanzoso dei commenti: noi, suggeriranno, l’avevamo detto fin dal principio.

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