E’ una buona stagione, questa, se siete nel settore demolizioni. Non quelle reali, domestiche - buttar giù un tramezzo, cambiare le piastrelle, risagomare il tinello - ma quelle, di portata ben superiore, prodotte dall’industria cinematografica. Di recente, un opinionista americano - tale Lewis Beale - esaminando titoli e trame delle più recenti uscite nelle sale (tra queste: “Godzilla”, “X-men”, “Guardians of the Galaxy”, “Tranformers: the age of extinction”, “Edge of tomorrow”, “The Expendables 3”) se ne è uscito con questa bella osservazione: «Certo che ci piace un sacco guardare roba che viene demolita». E mentre i suoi colleghi, senza parere, gli chiedevano per quando avesse fissato le ferie estive, egli insisteva: «Guardare roba che viene demolita ci piace quanto guardare i film a luce rosse. La demolizione è come il porno. La demolizione, per la precisione, è l’altro porno».
Ormai, molti di voi troveranno facile rispondergli che tra un corpo a corpo con una hostess svedese e lo sbancamento di un cucinotto, molti uomini continueranno a preferire la prima scelta, ma a pensarci bene, Lewis qualche ragione dalla sua ce l’ha. I produttori di pellicole gradite al vasto pubblico insistono molto con le demolizioni: gigantesche creature squamate marciano sulle città sventrandole e distruggendole (no: non sono necessariamente assessori del Pd) e noi, in platea, proviamo un brivido segreto nel vedere il mondo messo sottosopra.
Spesso, i film si accaniscono su edifici-simbolo ai quali l’inconscio assegna una sorta di inviolabilità: la Casa Bianca, il Campidoglio (quello americano, che quello de noantri è tutto meno che inviolato e inviolabile), i palazzi che identificano le Nazioni. Vederli calpestati, bombardati e incendiati è in qualche modo liberatorio. Forse allude all’intimo desiderio dell’uomo di distruggere se stesso: un richiamo perfino necessario all’evoluzione della Natura. Se è così, la Natura si tranquillizzi: i lavori procedono, per una volta, decisamente spediti.
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