Lavoro

In tutta la vicenda Marchionne-Fiat-referendum-Mirafiori ho maturato una certezza: non dispongo di un commento serio da proporre. Solo un’attesa da spettatore e la convinzione, vaga ma non per questo infondata, che si tratti di un momento storico per il lavoro in Italia.
Sul lavoro, ecco, qualcosa potrei dire. Non ancora un commento, no: piuttosto, un ricordo. C'erano tempi in cui ero piccolo e "lavoro" era il padre che usciva di casa il mattino e faceva ritorno alla sera. Più tardi anche le madri incominciarono a fare la stessa cosa ma, essendo io ormai classificabile come antichità, ricordo che la quotidiana trasferta toccava soprattutto al padre.
La professione - meglio, il "mestiere" - del proprio padre era oggetto di discussione, quasi di "scambio" con gli amici: si esibiva come le figurine ed era fonte di orgoglio e di buona reputazione. Nella società dei piccoli i "mestieri" avevano una precisa graduatoria, stilata in base al prestigio, ma del tutto diversa rispetto a quella dei grandi. Chi aveva il padre avvocato, tanto per fare un esempio, rischiava di non poter affatto competere con chi esibiva come genitore un ricercatissimo manovratore di ruspe.
Qualunque esito avrà il referendum, e qualunque idea abbia Marchionne per il futuro della Fiat, spero ci si renda conto che ad andarci di mezzo non sarà soltanto il lavoro, ma anche la proiezione di esso negli occhi dei più giovani. Ai quali auguro di poter sempre vedere nei padri l'orgoglio di uscire il mattino.

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