Le cicale

Le cicale

Non voglio difendere il ministro Brunetta perché, a dirla tutta, non se lo merita: ha la lingua più veloce del cervello e, soprattutto, è troppo permaloso per poter sostenere con equilibrio una carica pubblica. Una responsabilità, però, gli va risparmiata: quella di aver lanciato il tormentone della “parte peggiore”. Nell'usare quell'infelice espressione ha certo commesso un errore ma non poteva immaginare di aver provocato, oltre a una polemica, anche un pernicioso contagio.
Il dibattito pubblico italiano sembra modellarsi sul costume delle cicale. Non appena una di queste alza il suo canto, le altre per risonanza la imitano, sollevando una confusa quanto assordante nube sonora: il cicaleccio, appunto. E' stata dunque la locuzione “parte peggiore” a mandare in vibrazione l'intero sistema e ora non c'è chi si neghi il diritto di indicare dove, secondo lui, risiede la porzione più fallace del Paese. L'ex direttore di “Repubblica” Eugenio Scalfari, per esempio, ha definito Brunetta “la parte peggiore del socialismo”. A consolazione dei socialisti non si tratta una parte voluminosa, ma quello che mi preme osservare e come anche da fonti autorevoli si scivoli sulla pronta adesione a un linguaggio fatuo, riconoscibile nell'immediato ma senz'altro poco incisivo a lungo termine.
Sarebbe importante stabilire quale è la “parte peggiore” del Paese, ma non ci riusciremo certo grazie a questo confuso frinire che presto cesserà, lasciandoci soltanto un mal di testa e il solito silenzio vuoto di idee.

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