Le incursioni online fanno paura (ma non troppo)

Se per caso, ma proprio per caso, vi trovaste in carenza di preoccupazioni, eccomi al vostro servizio: provvederò subito e a costo zero a fornirvene una che, oltretutto, si accompagna a un nome interessante, tale da farvi far bella figura se vorrete lamentarvene con gli amici.

Parlo dei “ransomware attack”, ovvero delle incursioni informatiche perpetrate allo scopo di incassare un riscatto (“ransom”, in inglese). In pratica, il ricattatore, nascondendosi nella Rete, allunga le sue grinfie digitali su sistemi informatici che custodiscono informazioni sensibili oppure regolano l’erogazione di servizi. I bersagli possono essere aziende private quanto enti pubblici: una volta “sequestrate” le emanazioni informatiche di queste entità, i ricattatori avanzano esose richieste di denaro. Se accontentati, provvedono (si spera) a liberare i sistemi dai legacci virtuali.

Si pensa - erroneamente - che il problema riguardi solo entità grandi e complesse, come le multinazionali e i governi. Cinema e tv ci hanno abituato all’idea di ciclopiche quanto sotterranee battaglie informatiche tra gli Stati e i terroristi del web - in palio i destini del mondo, ovvero il controllo delle Borse e delle armi nucleari -, mentre al privato cittadino rimarrebbe solo la preoccupazione di evitare qualche fastidioso virus e di denunciare i mittenti della mail che gli chiede alcuni bitcoin minacciandolo con l’ipotetica divulgazione di un video in cui fa le cosacce (nel mio caso, sarei incline a pensare che quelle immagini rappresenterebbero una punizione sufficiente per i ricattatori).

Non è così: i malfattori del “ransomware” attaccano soprattutto sistemi alla buona, contando sul fatto che, appunto perché periferici, risultano anche più indifesi. È il caso della minuscola contea di Pottawatomie, nel Kansas: un attacco ne ha bloccato i sistemi informatici per settimane, rendendo impossibile garantire la regolarità di alcuni servizi e mettendo in pericolo la riservatezza dei dati sensibili di circa 25mila persone.

Consci del loro potere, i malfattori hanno sparato la cifra del riscatto: un milione di dollari. Quando da Pottawatomie hanno spiegato che, loro, un milione di dollari non l’hanno mai visto neanche dipinto, i ricattatori si sono adeguati, accontentandosi di 71mila dollari (circa 61mila euro). E questa è l’unica consolazione: con i ricattatori digitali si può trattare. Metti per esempio che il sito di Italia Viva finisca sotto attacco: potrebbe spender poco per venirne fuori o addirittura, giocando bene le sue carte, finire per guadagnarci qualcosa.

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