Della conferenza stampa di fine anno di Mario Monti si può, politicamente parlando, prender tutto o tutto lasciare. Ma siccome non solo di politica egli ha parlato, vorrei segnalare un particolare che, a mio avviso, è senz'altro da prendere.
Mi riferisco al passaggio in cui Monti ha sottolineato l'importanza delle parole e le conseguenze che, qualora valutate per il loro significato, esse inevitabilmente comportano. Una lezione impartita prima alla politica, poi alla comunicazione e infine a un Paese intero diventato pettegolo e incline a far uso delle parole come fossero spintoni. Le dimissioni, ha osservato Monti, sono state la diretta conseguenza del giudizio negativo sull'operato del governo espresso alla Camera dal rappresentante (e, in questa espressione, troviamo figurato più l'omino degli aspirapolvere che un delegato pensante) di uno dei partiti alleati. Parole non equivoche, non interpretabili, non fumose: di qui, le dimissioni. Poco importava, a Monti, che l'omino degli aspirapolvere intendesse soltanto avviare la campagna elettorale, prendendo le distanze per tempo dai provvedimenti più impopolari adottati dal governo: egli ha interpretato le parole per il loro significato e ne ha tratto le conseguenze in modo coerente. Per assurdo, a un mondo intossicato da parole usate per suggestionare e non per comunicare, la mossa logica delle dimissioni è apparsa machiavellica, obliqua, strumentale: d'altra parte, ognuno legge la realtà con gli utensili culturali che possiede.
Non so se Monti sarà il prossimo premier o se approderà al Quirinale e non so se augurarmi l'una o l'altra cosa o nessuna delle due. Di lui conserverò l'essenza di questa lezione di rispetto per le parole che, nel mio mestiere, senz'altro tornerà utile. Non vi chiedo di essere d'accordo. Vi prego solo di credere che, alla luce di quanto ho appena detto, quando scriverò "Buon Natale" alla fine di questo articolo, sarà un augurio onesto, sincero e inequivocabile. Buon Natale.
Mi riferisco al passaggio in cui Monti ha sottolineato l'importanza delle parole e le conseguenze che, qualora valutate per il loro significato, esse inevitabilmente comportano. Una lezione impartita prima alla politica, poi alla comunicazione e infine a un Paese intero diventato pettegolo e incline a far uso delle parole come fossero spintoni. Le dimissioni, ha osservato Monti, sono state la diretta conseguenza del giudizio negativo sull'operato del governo espresso alla Camera dal rappresentante (e, in questa espressione, troviamo figurato più l'omino degli aspirapolvere che un delegato pensante) di uno dei partiti alleati. Parole non equivoche, non interpretabili, non fumose: di qui, le dimissioni. Poco importava, a Monti, che l'omino degli aspirapolvere intendesse soltanto avviare la campagna elettorale, prendendo le distanze per tempo dai provvedimenti più impopolari adottati dal governo: egli ha interpretato le parole per il loro significato e ne ha tratto le conseguenze in modo coerente. Per assurdo, a un mondo intossicato da parole usate per suggestionare e non per comunicare, la mossa logica delle dimissioni è apparsa machiavellica, obliqua, strumentale: d'altra parte, ognuno legge la realtà con gli utensili culturali che possiede.
Non so se Monti sarà il prossimo premier o se approderà al Quirinale e non so se augurarmi l'una o l'altra cosa o nessuna delle due. Di lui conserverò l'essenza di questa lezione di rispetto per le parole che, nel mio mestiere, senz'altro tornerà utile. Non vi chiedo di essere d'accordo. Vi prego solo di credere che, alla luce di quanto ho appena detto, quando scriverò "Buon Natale" alla fine di questo articolo, sarà un augurio onesto, sincero e inequivocabile. Buon Natale.
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