Vorrei augurarvi il miglior Ferragosto possibile e lo farò senz'altro non appena riuscirò a cacciar via quel po' di sentimentalismo che approfitta sempre di queste occasioni per imbucarsi. Fare gli auguri, dopo tutto, significa accumunare tutti sotto l'ombrello dell'auspicata fortuna. Sì, ma tutti chi? Beh, noi: chi altro? Quelli che con definizione sempre più lasca potremmo chiamare italiani o comunque persone che vivono in Italia. Italiani in assetto particolare: italiani da vacanza.
Credo di aver già annunciato, più volte anche, il rito di Ferragosto che mi permette di ritrovare nel modo più splendidamente dettagliato questa tipologia di connazionali: la visione del film "Il sorpasso" di Dino Risi. Rito che osserverò anche quest'anno, al quale vorrei aggiungere in via del tutto eccezionale un passo da "Le piccole vacanze" di Alberto Arbasino. Ve lo offro accompagnato dall'augurio di cui sopra, con un'annotazione: questi eravamo noi. E in fondo lo siamo ancora.
"...veniva dalla stazione la signora Campoli col bambino e un ometto, certamente il marito; e se fosse stata con noi in macchina a ricostruire la situazione avrebbe diagnosticato in quel suo divertente modo: arrivano i mariti che hanno solo pochi giorni di ferie, e lei in mezzo alla folla va a aspettarlo, si vergogna un po' di lui e vorrebbe condurlo subito all'albergo, via dalla circolazione, subito, che i miti non crollino, bisogna posare i pacchi, ma non si vedono da parecchie settimane, e mentre lei rimane male a quell'incontro lui si consola, sta facendo sacrifici pesanti per mantenere quella villeggiatura, vuol sapere come si trovano, vuol vedere i luoghi, dice che non si sente affatto stanco, ha certamente portato i dolci ed è allegro. Io prima ho capito male, poi sono rimasto con una grande pena: quel marito dal collo dimesso portava doppiopetto e calzoni di stoffette scompagnate, pressoché invernali, una triste valigetta. E le scarpe bianche di pezza".
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