Sappiamo tutti che la Sicilia è una terra meravigliosa. Lo è per la cultura che la rappresenta, la natura che la ingioiella e poi perché è un’isola che ha personalità.
Sappiamo anche che la Sicilia ha i suoi problemi. Basta scorrere la pagina quotidiana che il sito dell’Ansa le dedica per constatare che la cronaca spicciola ha a che fare spessissimo con incendi dolosi, arresti per caporalato, proteste di agricoltori, droga e sbarchi di migranti. Negli ultimi giorni si è letto anche di una giovane trovata morta per strada. Tutto questo, senza neppure sfiorare il problema della criminalità organizzata.
Bisogna dire però che per tanti problemi che ci sono non manca chi ha le capacità di risolverli. Tra costoro, come non citare Angelino Alfano? Nel bel mezzo di incendi, immigrati, sfruttatori e agricoltori imbufaliti egli ha preso la parola a Naxos per dire che «abbiamo avuto momenti difficili, stiamo subendo un pestaggio mediatico, io ho pagato il prezzo più alto con aggressioni quotidiane». Parlava forse della Sicilia e dei siciliani, dei migranti e degli agricoltori, della minaccia dei piromani e dei guasti ecologici? In effetti, no. Parlava del suo partitino, minacciato di estinzione e, di conseguenza, del rischio di un’operazione chirurgica particolarmente grave per un politico: l’asportazione del potere. Leggere la dichiarazione di Alfano mi ha fatto pensare al distacco tra politica e realtà convincendomi che, dopo tutto, è forse meglio che non si incontrino mai.
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