Leggende

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Circolano, legate al caldo, alcune leggende metropolitane.

La prima è che c’è una temperatura "ufficiale" ma noi ne “percepiamo” un’altra, sempre e comunque superiore. Nessuno mai dice: «Ci sono 28 gradi ma ne percepiamo 25». No, i gradi sono 28 ma «ne percepiamo 32-33». In alcuni ambienti, si accenna a questo fenomeno come "misurazioni alla juventina".

Il sospetto è che si tratti di un escamotage, nemmeno troppo brillante, per superare l’innegabile realtà della fisica - misurata dal termometro - e indulgere nel relativamente moderno gusto per l’iperbole, il clamoroso, il record assoluto. Un banale 28 gradi, in questo modo, può diventare uno straordinario 40: basta aggiungere la parola "percepito".

Seconda, e più antica, leggenda metropolitana è che con il caldo «la gente dà fuori di testa». Questa teoria postula che, martellato dal solleone, il cranio assorbirebbe calore come una Lagostina e, di conseguenza, il contenuto prenderebbe a sobbollire fino al punto di cottura, ingenerando comportamenti bizzarri tipo andare in giro con i pantaloni abbassati o leggere libri intitolati "Cinquanta sfumature di grigio".

Anche qui, mi sento di poter smentire. Sostenere che il caldo fa impazzire la gente equivale a dire che la gente è più pazza d’estate che d’inverno. Lo escluderei: la gente è egualmente pazza tutto l’anno. Forse, si può dire che, in estate, la pazzia si sente e si vede di più: le finestre sono aperte e quelle che in novembre sarebbero conversazioni di privata follia familiare, diventano improvvisamente pubbliche esibizioni di dissennatezza. Ecco, in un certo senso l’inverno agisce sulle nostre menti comunque alterate come una sorta di camicia di forza.

Oppure, se ci tenete, potremmo prendere la prestito la leggenda numero 1 e sostenere, stavolta con una certa ragione, che in estate, ad aumentare, è la pazzia percepita.

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