L'Era della Signora Malinpeggio

L'Era della Signora Malinpeggio

Incontro la signora Malinpeggio e intuisco subito che non è giornata per leggiadri convenevoli (con lei, non è mai giornata per leggiadri convenevoli, ma dalle severe trincee incise sulla sua fronte capisco che oggi non lo è in modo particolare). L’approccio dunque con un argomento serio, tentando di esporlo con un pizzico di levità: «Ehilà, signora Malinpeggio! Che cosa gliene è parso del discorso del nostro premier alle Camere? Secondo lei sarà abbastanza per tirar fuori l’Italia dalle secche e per far ripartire i mercati?»
La signora mi guarda come fossi una cosa trascinata in casa dal gatto. «Neanche la conversione di Belzebù in persona potrebbe far ripartire i mercati» dice. Dimenticavo, in effetti, che se in ogni altro campo il pessimismo della signora è assoluto, in quello finanziario è addirittura definitivo. Fosse per la fiducia che lei ripone nei mercati, la Borsa si sveglierebbe al mattino in picchiata di una decina di punti, toccherebbe il fondo della fossa delle Marianne verso mezzogiorno, spirerebbe all’una per rianimarsi alle due, giusto in tempo per tuffarsi di nuovo ancora più a fondo.
La signora Malinpeggio agita le braccia ossute e rotea gli occhi come la sacerdotessa di un rito empio: «Non c’è ripresa, non c’è speranza, non c’è luce, non c’è futuro». Cerco di buttarla sul ridere: «Ma allora sarà contenta: vuol dire che siamo in pieno nell’Era della Signora Malinpeggio! Sorride. Appena con un angolo della bocca, ma sorride. Un brivido mi percorre la schiena.

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