L’età assoluta

Come rispondereste alla domanda «Vi sentite giovani o vecchi?». Se ci pensate, trattasi di faccenda complicata. A prima vista la risposta parrebbe facile: tendiamo a dividere la gente in fasce anagrafiche e se siete, per dire, “under 30” vi verrà naturale affermare di essere giovani mentre se appartenete agli “over 70” dovrete ammettere che, per voi calza meglio la definizione di “vecchio”. Tutto questo, però, è troppo schematico: un tempo a 70 anni sareste stati addirittura decrepiti, oggi vi si potrebbe definire “maturi” senza far ridere nessuno e soprattutto senza privarvi necessariamente di una decente aspettativa di vita.

C’è dunque un’età assegnata da definizioni schematiche e una, più variabile, delineata dal progresso medico-scientifico, dalla cura alimentare e , in generale, dallo stato di salute dell’individuo.

A ben guardare c’è un’altra età - che potremmo chiamare “terza” se questo non ci portasse a cadere in un equivoco -, ed è l’età che, come si dice in estate per la temperatura, viene “percepita” dalla persona stessa. Ci sono individui che si “sentono” più vecchi di quel che sono e altri che invece risiedono in uno stato di perenne gioventù presunta.

Uno studio più accurato di questo atteggiamento ha scoperto un’ulteriore complicazione: la percezione dell’ età può essere variabile perfino di giorno in giorno. Numerose componenti - il nostro stato di benessere o di mancanza del medesimo, la presenza o l’assenza di prospettive liete - contribuiscono a farci sentire di volta in volta più giovani o più vecchi. Ne risulta che l’età è un concetto estremamente volatile, che diventa ancor più sfuggente se a essa vogliamo accostare anche concetti quali esperienza, saggezza o, per converso, entusiasmo e istinto.

Temo non ci sia modo di fermare, ovvero stabilire in un punto del tempo, la propria età assoluta. Sembrerà strano: io ne scorgo dei lampi solo negli occhi dei miei gatti, dove leggo un’età eterna fatta, insieme, di perenne ingenuità e antica sapienza.

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