Lettera dal carcere

E’ buona cosa avere qualcuno che possiamo odiare tutti insieme appassionatamente: consente di scaricare un po’ di aggressività senza timore di far del male a chi non se lo merita. Tra i personaggi sui quali è facile raggiungere l’unanimità nel voto su chi detestiamo di più, direi che il signor Anders Behring Breivik di Oslo (Norvegia), attualmente in prigione per aver accoppato 77 persone in un pomeriggio in cui si sentiva particolarmente ispirato, è certo ai primi posti. Avete mai notato come, in chi odiate, tutto, nel suo volto, contribuisce ad alimentare il vostro disprezzo? Si tratta chiaramente di una falsa percezione visiva: persone che sarebbero normalmente passate senza infamia né lode al vostro scrutinio ottico, nel momento in cui diventano soggetti reprensibili sembrano sprizzare una sorta di tremenda antipatia somatica.

Nel caso di Breivik possiamo dire con una certa sicurezza che,a l contrario, ci sarebbe stato sugli zebedei anche qualora lo avessimo incontrato al bar senza conoscergli alcuna pregressa malvagità e che nella smorfia ironica sulle sue labbra, nel faccione rotondo e nella barbetta che lo circumnaviga ci sono tutti gli elementi del perfetto, odioso imbecille.

Ma c’è di peggio: Breivik è proprio un’anima ostile e danneggiata. Descrivendo la sua condizione carceraria come «tortura», l’ometto, in una missiva, elenca una serie di richieste che, se non verranno esaudite, lo porteranno allo sciopero della fame. Tra le altro, chiede di poter disporre di una Playstation 3 in sostituzione della PS2 che, come accade nelle peggiori galere - dai Piombi di Venezia, ai gulag siberiani, al Buco Nero di Calcutta - da sempre contraddistingue la vita dei forzati. Non so se a Breivik sia stata già indirizzata una risposta: nel caso non si fosse ancora provveduto, gradirei essere consultato. Potrei finire per ringraziarlo: la mia indignazione per la sua sfacciataggine, il sarcasmo che esce a flotti dai graffi inferti dalla sua lucida follia sono il segno che, per quanto messa a dura prova, la mia salute mentale è ancora intatta.

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