L’infinito non è finito

Cinque milioni - quasi sei - per puntellare una poesia. Nonostante il grande valore dei versi, la loro estrema delicatezza e l’immenso ingegno che li ha creati, avremmo detto che, tutto sommato, per tenere in piedi una lirica sarebbe bastato un investimento più modesto. Qualche risma di carta, magari, una bella ristampa in collana economica e, crepi l’avarizia, un gruppo su Facebook e l’immancabile account Twitter.

Invece, se la poesia è “L’infinito” di Giacomo Leopardi, il conto arriva, appunto, a 5,8 milioni di euro: quelli stanziati dal ministero dell’Ambiente per il consolidamento del Paesaggio Leopardiano e la riqualificazione del Colle dell’Infinito a Recanati.

Il Colle dell’Infinito si trova, per paradosso, in una situazione alquanto precaria: è a rischio sismico. Più precisamente, le scosse di questa infelice stagione del sottosuolo del Centro Italia potrebbero condurre il celebre rilievo a una sconfortante frana.

Se non fosse che si tratta di una vera emergenza, di quelle concrete, fatte di terra e realtà, di denaro e di tempo che passa, si potrebbe leggere nel rischio di sbriciolamento che incombe sul Colle una potente metafora, ed estendere l’allarme sismico a tutta la cultura italiana, minacciata non tanto dalla globalizzazione quanto dall’inspessimento delle coscienze, incapace di analisi se non nel recinto ristretto del bianco o nero, del noi contro voi e, naturalmente, del sì e del no.

Per fortuna, “L’infinito”, la poesia, non il Colle, sarà sempre lì, a nostra disposizione, con puntello governativo o senza, a dimostrazione di quanto grande può essere il pensiero di un uomo e delicata e profonda la sua sensibilità. Basta rileggerlo per ricordarsi che la pena della vita può addolcirsi nella ricerca della verità, nello studio del dolore e nell’esaltazione delle stelle. Nell’infinito non ci sono né vincitori né sconfitti. n

© RIPRODUZIONE RISERVATA