L'interferenza

L'interferenza

Credo di aver sentito l’invito a "star fuori dalla politica" almeno un miliardo di volte, al punto che, in momenti di particolare debolezza, mi vien da paragonare la politica a un mendicante il quale, coperto di stracci, vaghi di casa in casa in cerca di conforto, ma ovunque venga respinto. Tanto per incominciare, si dice che la politica dovrebbe "star fuori" dagli stadi: questo è un classico. Risultato: ovunque in curva sventolano celtiche e ritratti di Stalin. Altri luoghi in cui la politica non è gradita sono, per qualche oscura ragione, i festival musicali: "Teniamo la politica fuori da Sanremo" si è detto più volte e, visto che il nostro Paese confina con quello dei Balocchi, è capitato perfino di leggerlo nei titoli di importanti quotidiani. Non di rado, si invita la politica a "star fuori" dall’arte, dal cinema e - oltre che dai suddetti stadi - dallo sport in generale.
Se lo è sentito ribadire Francesco Totti, il quale ha pensato di aderire con un mazzo di rose a una manifestazione in sostegno di Sakineh, la prigioniera iraniana per la quale il mondo si va mobilitando. "Lo sport non interferisca con la politica" lo ha bacchettato l’agenzia di Stato Irna, portavoce del governo di Teheran. Ecco, la dichiarazione iraniana mi ha finalmente convinto che questo "star fuori" dalla politica, così spesso raccomandato, non ha alcun senso. La politica, invece, ha un bisogno incondizionato di interferenze: fossero anche di Totti, di Del Piero o, Dio mi perdoni, di Cassano e Balotelli.

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