Lo scheletro esce dall’armadio ed entra nella nuvola

Il giorno in cui veniamo al mondo è anche quello in cui incominciamo ad avere un passato. All’inizio non contiene granché: ruttini, versetti e poco altro. Ma gli anni passano - sempre più in fretta - e nel passato si accumulano tanti ruttini e un imbarazzante quantità di versetti. Se per secoli abbiamo potuto confidare in una sorta di complicità del passato stesso - il trascorrere del tempo finiva per concedere ai nostri errori una sorta di prescrizione e ai nostri successi una patina di leggenda - ora esso è in buona parte incapsulato nel presente: una sorta di passato-presente, insomma.

Si tratta, naturalmente, del passato di cui è rimasta traccia online. Tracce, quasi sempre volontariamente disseminate da noi stessi, che ci denunciano per quel che siamo: contraddittori, volubili, impulsivi, gonzi, in cerca di gratificazioni istantanee. Fondamentalmente, degli stupidi.

Purtroppo, mentre un tempo era difficile riportare a galla tutta la miserevole paccottiglia delle nostre manchevolezze intellettuali (bisognava sapere dove cercare e con chi parlare) oggi è questione di un attimo: Internet non è un pozzo ma un piano infinito sul quale il tempo non scorre. Una scemenza detta dieci anni fa, rimessa in circolo oggi, è una scemenza attuale.

Ne sanno qualcosa i membri del nuovo governo i quali si vedono rinfacciare post, video e messaggi vari mandati in giro negli anni scorsi, quando non sembrava esserci un domani istituzionale ed era conveniente diffondere opinioni che non era necessario convalidare con l’azione, proporre soluzioni che non si era chiamati ad applicare nella pratica ed esprimere giudizi sui quali nessuno veniva a esigere l’onere della prova.

Adesso invece le contraddizioni vengono fuori alla velocità di una ricerca su Google e i reperti imbarazzanti prendono a circolare con l’insistenza di un motorino senza marmitta. Ecco il ministro tale uscire dal bagno senza lavarsi le mani, il ministro talaltro attribuire infezioni diarroiche all’intera popolazione di una città del Sud e il titolare del dicastero della Cultura vantarsi di possedere la collezione completa di “Lando” e “Zora la Vampira”.

Molto di più e molto di peggio può emergere da questa nuvola indissolubile, sempre fantozzianamente sospesa sulle nostre teste, alimentata dal passato ma fisicamente collocata nel presente. Un concetto opprimente non fosse che, ormai di casa nell’oggi, i misfatti di ieri non riescono più a perseguitarci con la forza di un tempo.

La rivelazione del classico “scheletro nell’armadio” esplodeva, nell’era pre-web, con la potenza di un evento sovrannaturale: nel passato che tornava a raccontare una diversa - e, di solito, peggiore - versione di noi stessi si poteva intuire una forma di giustizia divina: il bene che trionfava sul male, il tempo che, immancabilmente galantuomo, rettificava infine i torti e rimediava alle iniquità. Il passato-presente, al contrario, non possiede alcuna solennità né può millantare alcuna sincronia con un’ineffabile moralità cosmica. Non fa giustizia, al massimo sbeffeggia; non risarcisce, semmai somministra ripicche e disprezzo.

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