Non è vero che, oggigiorno, le notizie corrano alla velocità della luce. È più giusto dire che “certe” notizie rimbalzano istantaneamente da un punto all’altro del globo mentre altre informazioni seguono un percorso più lento, ovvero avanzano su sentieri accidentati dove rischiano addirittura di perdersi. Ho notato però che proprio questo tipo di notizie, una volta arrivato a destinazione, sembra rimanere più a lungo, si compiace di indugiare nella coscienza del lettore e, addirittura, tenta di arricchirlo un poco.
Una di queste notizie, “twittata” dal sito d’informazione “Japan News” il 5 novembre è stata ripresa soltanto ieri dai giornali italiani: èvenuta alla luce, non si sa bene come, una fotografia inedita di Hachiko alla stazione. Se non lo sapeste - ma ne dubito - Hachiko era un cane di razza Akita, diventato leggendario per la prova di straordinaria fedeltà dimostrata al suo padrone, un professore di agronomia chiamato Hidesaburō Ueno.
Siamo negli anni ’20 del secolo scorso: ogni giorno, il professor Hidesaburo permetteva al suo Hachiko di accompagnarlo alla stazione di Shibuya, il quartiere di Tokyo dove abitava e da dove prendeva il treno locale per andare al lavoro. All’approssimarsi dell’ora del rientro, Hachiko tornava alla stazione, pronto ad accogliere festosamente il suo padrone.
Continuò a farlo, con amorevole ostinazione, anche quando il professore, colto da ictus durante una lezione, passò a miglior vita: per quasi dieci anni il cagnolone tornò ogni giorno ad aspettarlo all’uscita dello scalo ferroviario.
Hachiko è ora omaggiato da una statua collocata davanti alla stazione di Shibuya e la sua storia è diventata anche un film, con Richard Gere a rendere più attraente per gli occidentali il ruolo dell’umile professore giapponese. Oggi riemerge questa foto, in cui si distingue il fedele cagnolone nella sua quieta («rilassata» dice la didascalia) attesa: dopo 80 anni il suo sguardo resta enigmatico, inspiegabile. Ma fa tanto bene guardarlo.
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