Lo spot

Lo spot

Non so se esserne allarmato o compiaciuto, ma sempre più spesso mi capita di trovarmi in disaccordo con l’opinione comune della gente. In queste ore, per esempio, è montata parecchia indignazione nei confronti della Rai la quale, durante l’incontro di calcio Estonia-Italia, ha "coperto" il gol del pareggio di Cassano con uno spot. I giornali hanno picchiato duro, in sintonia - per un volta - con il popolo. Tra le gente l’infortunio della Rai è stato variamente stigmatizzato: «Ma si può?», «Cosa tocca di vedere!», «Di non vedere, vorrà dire!», «Roba da matti!, «Ma tanto, quelli, non li licenzia nessuno; hanno il posto sicuro, lorsignori!».
Ecco, quando si arriva al «lorsignori» le cose si mettono male. Tanto è vero che, sabato, il direttore di Rai Sport Eugenio De Paoli è stato costretto a scusarsi. E pensare che io, sulle prime, avevo salutato l’irriverente spot come un nuovo modo di fare televisione. Un’alternativa alla programmazione scontata che vede i gol, il finale di Montalbano, le estrazioni del lotto e le edizioni straordinarie dei tg trasmessi come fossero inviolabili liturgie. Speravo in una ventata di anarchia visiva, una sorta di provocazione "à la Buñuel" da estendere oltre il calcio. Il presidente parla a reti unificate? Dentro uno spot dei pannoloni! Il governo giura fedeltà alla Repubblica? Vai con un "promo" de «Il mucchio selvaggio»! Invece, non se ne farà nulla. Anche se ho una certezza: la prossima volta che la Rai mi chiederà il canone, nella mia testa, proprio in quel momento, andrà in onda uno spot.

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