Lo spreco

Credo che tutti, a questo punto, abbiano detto una parola a proposito dell’allenatore della Fiorentina, Delio Rossi, al quale l’altra sera ha dato di volta il boccino e ha preso a mazzate un suo proprio calciatore, tale Adam Ljajic, di nazionalità serba.

La riprovevole faccenda è stata esaminata sotto ogni possibile punto di vista: sportivo, pedagogico, sociale, morale, mediatico. In sintesi, tutti d’accordo: questo Ljajic dev’essere un tipo sgradevole, per non dire proprio un pirla, ma Rossi ha sbagliato, perché non è così che si fa, bisogna gestire la rabbia, dare l’esempio, i bambini ci guardano e il calcio è il gioco più bello del mondo.

L’unica considerazione che, forse, non è stata ancora fatta è quella che a me sembra più pregnante: peccato che una rabbia così sia andata sprecata. Perché Ljajic, come si è detto, sarà pure un pirlotto di dimensioni atomiche, ma quando un mite come Delio Rossi esplode - avvenimento che accade con ricorrenza astronomica, come il passaggio di una cometa o l’implosione di una supernova - si vorrebbe che gli effetti dell’onda d’urto investissero bersagli ben più significativi. La rabbia di un tipo come Rossi non è mai a miccia corta, come quelle di chi se la prende perché non c’è parcheggio o perché la pasta è scotta. La sua è invece una rabbia da traboccamento, da "non ne posso più"; una rabbia che una volta partita non si ferma e travolge chi incontra perché, giusto o sbagliato, si ritrova designato a pagare per tutti.

È evidente, dunque, quanto un Ljajic qualunque, con il suo applausetto ironico, le sue meschine parole d’offesa per una banale sostituzione, rappresenti un obiettivo irrilevante. Quanti altri personaggi, ben più degni, tutti noi avremmo voluto vedere allineati sul prato in attesa di buscarsi una razione della rara, purissima, superba e incandescente rabbia del signor Rossi.

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