Sentite questa storia, vera quanto è vero che non mi chiamo Scilipoti. Pochi minuti prima dell’atterraggio, il pilota di un aereo di linea in volo da Asheville (Carolina del Nord) a New York si reca nel bagno. Nulla di strano: un pilota non desidera ritrovarsi distratto da triviali emergenze mentre sta depositando un jet sull’asfalto e quindi provvede in anticipo. Il guaio insorge quando, espletate le formalità, egli tenta di tornare in cabina: la porta del bagno è bloccata.
Niente da fare: gli sarebbe più facile far decollare un Concorde dalla rampa del garage piuttosto che smuovere l’ostinato lucchetto. Il pilota si risolve dunque a chiedere aiuto, sperando che qualcuno senta. Un passeggero della prima fila raccoglie l’appello e, su indicazione del pilota, bussa alla porta della cabina, pregando il secondo pilota e il controllore di volo di avviare la procedura di atterraggio da soli perché, come abbiamo visto, il titolare dell’operazione è al momento impedito. Ma pilota e controllore si rifiutano di credergli, nonostante egli abbia ripetuto loro la "parola d’ordine" di sicurezza fornitagli dal pilota stesso. E perché non gli credono? Perché, come dicono i resoconti giornalistici, «il passeggero si esprimeva con un pesante accento straniero». Per fortuna, sfondata finalmente la porta, il pilota riprende il controllo dell’apparecchio e, felicemente, atterra all’aeroporto La Guardia.
La morale, io credo, suona familiare: per diffidare degli stranieri, tante volte corriamo il rischio di schiantarci.
Niente da fare: gli sarebbe più facile far decollare un Concorde dalla rampa del garage piuttosto che smuovere l’ostinato lucchetto. Il pilota si risolve dunque a chiedere aiuto, sperando che qualcuno senta. Un passeggero della prima fila raccoglie l’appello e, su indicazione del pilota, bussa alla porta della cabina, pregando il secondo pilota e il controllore di volo di avviare la procedura di atterraggio da soli perché, come abbiamo visto, il titolare dell’operazione è al momento impedito. Ma pilota e controllore si rifiutano di credergli, nonostante egli abbia ripetuto loro la "parola d’ordine" di sicurezza fornitagli dal pilota stesso. E perché non gli credono? Perché, come dicono i resoconti giornalistici, «il passeggero si esprimeva con un pesante accento straniero». Per fortuna, sfondata finalmente la porta, il pilota riprende il controllo dell’apparecchio e, felicemente, atterra all’aeroporto La Guardia.
La morale, io credo, suona familiare: per diffidare degli stranieri, tante volte corriamo il rischio di schiantarci.
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