Il ministro delle Finanze giapponese, Taro Aso, individuo che i giornali assicurano essere prono alle gaffes, ha trovato il modo, durante un’audizione della commissione bilancio, di dire la sua sugli italiani. Secondo Taro, saremmo «un popolo di spendaccioni». C’è di più: il ministro orientale si dice sicuro che «gli italiani pensano sia bene non avere risparmi quando si muore».
Di fronte ai commenti perplessi dei colleghi parlamentari, alle risatine, agli inviti a «smettere di fumarsi il wasabi», Taro, come fanno tutti quelli che si rendono conto di avere appena sparato una pirlata, ha insistito: «Gli italiani sarebbero probabilmente d’accordo con me. Anzi, ne sono sicuro».
Non si tratta, qui, di confutare o confermare l’opinione del ministro sulle nostre leggerezze di risparmiatori. Diciamo che la sua uscita dimostra i rischi che si corrono nel parlare per sentito dire: la verità è che Taro non sa che cosa «pensano» gli italiani più di quanto gli italiani sappiano che cosa «pensano» i giapponesi.
Cercare di capire che cosa «pensano» gli altri, specie gli stranieri, è operazione difficile. Non impossibile, tuttavia. Molto meglio del ministro Taro, gli italiani li comprende una giornalista inglese, Lizzy Davies, corrispondente da Roma del "Guardian". Impegnata in un giro di città in città, la giornalista va in questi giorni raccogliendo una serie di «storie elettorali» italiane, ovvero testimonianze di cittadini: intenzioni di voto di pensionati e disoccupati, commenti dell’uomo della strada. E riporta il tutto tra virgolette, senza commenti.
Grazie a Lizzy Davies, scopriamo di essere ancora un popolo unito, con una sensibilità specifica e problemi comuni («la burocrazia, il lavoro, lo studio»), che si divide profondamente solo al momento della scelta, rivoltandosi contro se stesso aizzato da partiti e movimenti abili nello sfruttare il suo peggiore vizio: la faziosità. In questo Taro ha ragione: siamo un popolo di spendaccioni. Ma non scialacquiamo denaro quanto ragione e pensiero.
Di fronte ai commenti perplessi dei colleghi parlamentari, alle risatine, agli inviti a «smettere di fumarsi il wasabi», Taro, come fanno tutti quelli che si rendono conto di avere appena sparato una pirlata, ha insistito: «Gli italiani sarebbero probabilmente d’accordo con me. Anzi, ne sono sicuro».
Non si tratta, qui, di confutare o confermare l’opinione del ministro sulle nostre leggerezze di risparmiatori. Diciamo che la sua uscita dimostra i rischi che si corrono nel parlare per sentito dire: la verità è che Taro non sa che cosa «pensano» gli italiani più di quanto gli italiani sappiano che cosa «pensano» i giapponesi.
Cercare di capire che cosa «pensano» gli altri, specie gli stranieri, è operazione difficile. Non impossibile, tuttavia. Molto meglio del ministro Taro, gli italiani li comprende una giornalista inglese, Lizzy Davies, corrispondente da Roma del "Guardian". Impegnata in un giro di città in città, la giornalista va in questi giorni raccogliendo una serie di «storie elettorali» italiane, ovvero testimonianze di cittadini: intenzioni di voto di pensionati e disoccupati, commenti dell’uomo della strada. E riporta il tutto tra virgolette, senza commenti.
Grazie a Lizzy Davies, scopriamo di essere ancora un popolo unito, con una sensibilità specifica e problemi comuni («la burocrazia, il lavoro, lo studio»), che si divide profondamente solo al momento della scelta, rivoltandosi contro se stesso aizzato da partiti e movimenti abili nello sfruttare il suo peggiore vizio: la faziosità. In questo Taro ha ragione: siamo un popolo di spendaccioni. Ma non scialacquiamo denaro quanto ragione e pensiero.
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