L'ordine del giorno

L'ordine del giorno

Riconosciamolo: siamo una razza, noi umani intendo, che parla molto ma combina poco. Per meglio dire: siamo una razza che parla molto, combina poco e comunque non è disposta a cambiare idea neppure di fronte all’evidenza.
Lo dimostra il fatto che sappiamo benissimo come molte nostre abitudini andrebbero cambiate, parliamo all’infinito di come sarebbe giusto cambiarle ma, al momento di tradurre in pratica parole e propositi, tutto resta come prima.

Prendete gli Stati Uniti: laggiù si sta discutendo di un’importante legge sulla riorganizzazione del sistema di trasporto nazionale. Legge importante perché imporrà ai contribuenti americani una spesa consistente per uno scopo preciso: fare in modo che la rete dei trasporti rimanga esattamente quella che è fin dagli anni ’50, ovvero basata sull’automobile. Di investimenti per treni, piste ciclabili, infrastrutture destinate ai pedoni neanche l’ombra: soldi ce ne sono soltanto per strade e autostrade. Eppure è in America, forse più che altrove, che si dibatte e si teorizza di una necessaria rivoluzione dei trasporti, che si ostenta una mentalità "green" e si parla di «sforzi concreti» per diffonderla.

Il problema è che quando i dati trimestrali dell’industria automobilistica vanno in rosso, in America come nel resto del mondo il tema dell’ambiente esce di corsa dall’ordine del giorno. Forse perché continuiamo a considerare il presente più importante del futuro. Anche se, a ben guardare, il presente è già passato e il futuro è già presente.

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