Delle elezioni in Austria, vinte dal “popolare” Kurz davanti al “populista” Strache, mi ha colpito una cosa soltanto: tra popolari e populisti scompaiono i verdi. Eppure, in Austria, costoro vantano una presenza nelle istituzioni lunga e importante. Ma non occorre essere analisti da poltrona televisiva con regolamentare cravatta dell’Inter macchiata di sugo per comprendere come la loro sconfitta a queste elezioni sia dovuta al non essere mai stati al centro del dibattito.
Quando si discute, e con animosità, soltanto di immigrazione e valuta, di lavoro e di “identità culturale” è comprensibile che il futuro del pianeta venga un po’ trascurato. Comprensibile e, se permettete, molto significativo: vuol dire che il “futuro”, inteso in senso politico, non è altro che un modesto scartamento del calendario. Parlando di “futuro” i politici intendono dare un abbellimento retorico alla parola “presente”. Ciò che interessa loro è infatti il presente, non perché pensano onestamente di potervi incidere in senso positivo, ma perché sperano che le loro parole abbiamo un effetto immediato - nel presente dunque - a loro utile. La promessa per il futuro è dunque un assegno in bianco per ottenere qualcosa dal presente. In questo contesto, ovvero in questo gioco, gli ambientalisti hanno ben poche carte da calare. Forse solo la discutibile soddisfazione di poter dire, un giorno, di aver avuto ragione. E quel giorno verrà quando tutti contempleremo, con gli occhi di un altro Kurz ,“l’orrore, l’orrore”.
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