L'ultima riga

Ho notato, tra le infinite dichiarazioni rilasciate ieri riguardo la morte di Giulio Andreotti, quelle, fondamentali, di Bobo Craxi, Mastella, Ancelotti, Malagò, Marcello e Claudio Lippi, Giorgio Cagnotto e Magilla Gorilla. Grazie a loro, e a molti altri, lo storico leader democristiano è stato ricordato in ogni aspetto, e anche in ogni minuzia, della sua lunghissima carriera politica. Per questa ragione, vorrei risparmiare al mondo la mia opinione su Giulio Andreotti: oltre che superflua questa volta sarebbe perfino strabordante.

Mi preme rilevare un’altra cosa: forse non tutti se ne sono resi conto, ma con Andreotti è morto il prototipo del politico che, oggi, la società ama odiare. Egli era il rappresentante primo e più compiuto di quelle esistenze devote interamente alla professione della politica, ovvero alla tessitura del filo partitico e della tela istituzionale. Era ricordato per l’ironia tagliente delle sue battute ma il linguaggio da lui più praticato era quello, cauto e forbito insieme, della soporifera retorica democristiana (e non solo): un linguaggio che, partendo dalla realtà, progressivamente se ne staccava, facendo della politica una questione squisitamente tecnica, un duello alla sciabola fatto, più che di affondi, di reciproche cautele, di colpi anticipati, fendenti portati di soppiatto, con assalti obliqui e sfumati nella penombra.

È stato detto che Andreotti era l’uomo dei segreti. Forse perché, nella concezione della politica sua e dei notabili dei suoi tempi, la società era bambina, immatura e incapace di sopportare il peso della verità. Tutto questo oggi viene disprezzato: i cittadini pretendono un ruolo da adulti e rifiutano di ammettere, tra sé e la cosa pubblica, la presenza di figure reggenti laconiche ed enigmatiche, quando non torbide. Una maggiore età sociale reclamata con la forza del voto. Peccato che ieri, tra questa folla proclamatasi evoluta, molti, davanti all’ultima riga di un capitolo di Storia, non abbiano trovato niente di più maturo da dire che: «Uno di meno».

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