Parlo spesso, qui, di computer. Non per una personale ossessione, almeno non credo. Mi piace pensare che sia un argomento importante: molto del nostro futuro dipende da come riusciremo a far lavorare per noi queste macchine piuttosto che da come noi finiremo per lavorare - o addirittura vivere - per loro. Ecco perché spesso catturano la mia attenzione notizie che esplorano i territori estremi del rapporto tra uomo e computer. In uno di questi territori si sta svolgendo un torneo molto importante. Di fronte, come avrete già immaginato, uomini e computer. La sfida è in qualche modo storica perché avviene in un ambito particolare: l’unico gioco in cui il computer non abbia ancora battuto l’uomo.
Nel 1994 l’uomo perse il titolo di dominatore della dama, quando un software chiamato Chinook batté il miglior giocatore del mondo. Tre anni più tardi, crollava anche il muro degli scacchi: Garry Kasparov veniva sconfitto, anche se per pochissimo, dal supercomputer Deep Blue della Ibm. Da allora a oggi i computer si sono presi il dominio di tutti i giochi nei quali i programmatori di software abbiano voluto ficcare il naso: backgammon, poker e Scarabeo compresi. L’unico bastione rimasto in mano all’uomo - lo vediamo svettare in lontananza come un antico castello nella nebbia - è il nobile ed esotico gioco del Go.
Con “Go” qui si intende la dama cinese: una griglia di 19 linee per 19 con pedine bianche e nere piazzate su ogni intersezione delle medesime. Benché i migliori software di Go riescano a battere giocatori anche eccellenti, finora non sono riusciti a impensierire i grandi maestri orientali. Le possibili mosse del Go superano ampiamente quelle degli scacchi e le combinazioni sono tali che, nel gioco, finiscono per contare tratti tipicamente umani come istinto, esperienza subliminale e quello spiritello imprevedibile che, in gergo tecnico, viene definito “culo”. Proprio quello che ci servirà per sopravvivere in un mondo in cui i computer riescono perfino a giocare meglio di noi.
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