L’ultimo regalo

Tra poco più di una settimana chiuderà Expo 2015. Come sempre accade per questi eventi, la sola idea della loro estinzione - anche se naturale e programmata - mi lascia un poco stranito. Dell’“evento” si è tanto parlato prima e durante che l’assenza del medesimo mi pare in qualche modo inconcepibile. Non credo di essere l’unico a provare questo sentimento: ne fa fede il dibattito, già apertissimo, sul futuro dell’area espositiva milanese. È come se impegnandosi a programmare, per la vastissima superficie urbana, un futuro certo e produttivo, si cercasse di prolungare l’avvenimento stesso, del quale si sente di non poter fare a meno. Dopo tutto, noi umani siamo gente che si affeziona.

Di tutto ciò mi stupisce soprattutto che, tra le proposte sulla destinazione dell’area Expo, ne manchi una doverosa e naturale. Leggo dei progetti per salvare il Padiglione Italia, delle iniziative per conservare l’Albero della Vita e delle proposte per trasformare il sito in una cittadella culturale, in un centro sportivo e in mille altre cose ancora. Stranamente, nessuno ha avanzato la destinazione più consona e, diciamolo francamente, più probabile: area dismessa o, per dirla in altri termini, zona abbandonata al degrado.

È questa una destinazione d’uso molto sfruttata dalle nostre parti e con immancabile successo: aree abbandonate e magnificamente degradate sorgono in quasi tutti i maggiori centri della Penisola, e anche paesi più piccoli non mancano di offrire significativi esempi di incuria.

Spesso si tende a formare l’equivalenza area degradata-spreco di risorse. Nulla di più sbagliato: concesso alla zona un tempo di sedimentazione tra i cinque e i quindici anni, l’area in degrado è pronta per fornire all’industria dello scandalo un contributo rimarchevole. Inchieste giornalistiche, spedizioni del Gabibbo, incursioni delle Iene, scoop di Report: tutto un fiorente business conta sul costante sviluppo del degrado in Italia. Che possa essere questo l’ultimo regalo di Expo?

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