L'ultimo vaffa

Quanto sto per scrivere non suonerà molto popolare ma tant’è: quella di compiacere qualcuno non è mai stata la missione principale di questa rubrica, non fosse per il fatto che nessuno si è mai fatto avanti chiedendo di essere compiaciuto.

La premessa è tuttavia dovuta perché, oggi, il pensiero centrale dell’articolo è davvero impopolare: è mia convinzione, infatti, che per la prima volta da molti e molti anni abbiamo un governo migliore del Paese che rappresenta, o almeno di una significativa parte di esso. E non perché quello di Enrico Letta sia chissà quale bel governo. Contiene, è vero, diverse persone per bene e qualcuna perfino competente ma sulle chance che costoro avranno di agire e, in qualche caso, anche sulla volontà di cambiamento che sapranno manifestare, è legittimo nutrire dei dubbi. Purtroppo, per scarso che sia il governo, buona parte del Paese è molto peggio.

Sono arrivato a questa amara conclusione ieri, ascoltando e leggendo i commenti alla sparatoria davanti a palazzo Chigi e al giuramento dell’esecutivo. Tra lezioni di morale, tromboneggiamenti retorici, lacrime di coccodrillo, dita alzate, scuse non richieste, "cui prodest" lanciati a vanvera, complottismi da neurodeliri, corsi accelerati di giornalismo, colate di fegatoso risentimento, radicale imbecillità, dietrologie galoppanti, citazioni alla bell’e meglio, chiacchiere miste, schizzi d’odio, sputi di codardia, volgari ammiccamenti, pinzillacchere e triccheballacche c’era di che andar fieri di essere italiani. Tra la folla mancava solo, ma non ci giurerei, l’omino viscido che, approfittando della confusione, abborda il passante e presenta la foto pornografica o l’orologio tarocco: «Interessa l’oggetto?»

Tanto scalpore suscitò quel tale barbuto che, tempo addietro, fece tremare la terra con un sonoro "vaffa" diretto a "lorsignori". È chiaro oggi che sbagliava tutto: "affa" doveva mandarci tutti noi e da ultimo, in un rovinoso e incendiario finale wagneriano, doveva spedire anche se stesso.

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