Lunedì nero

Lunedì nero

Finalmente abbiamo capito. E se dico "abbiamo" allora, come logica e grammatica suggeriscono, intendo che anche il sottoscritto ha capito. Riassumendo: abbiamo capito, nel senso che tutti abbiamo capito, anche chi, come me, arriva con imperdonabile ritardo.
Per qualche ragione, però, nessuno vuol spiegarlo chiaramente in parole povere. Dev’essere un segreto, anche se il peggio custodito del mondo. Ma certe liturgie - e la finanza è una di queste - hanno bisogno che alcuni fatti vadano inesplicati, anche se son lì da vedere, in piena luce. Noi di questa particolare liturgia non abbiamo rispetto e, pertanto, annunceremo la verità nella sua banale chiarezza: il problema della finanza internazionale è il lunedì.
Un tempo era il venerdì: non si contano i "venerdì neri" delle Borse, a partire da quello, remoto, del 1869. Da qualche settimana, invece, è il lunedì a portare male alla Borsa. I broker si alzano svogliati, uno si è macchiato la cravatta con il caffè, l’altro ha passato il weekend con i bambini a camminargli sui calli, un terzo non ha ottenuto dall’amata ciò che gli uomini notoriamente vogliono dalle amate (l’eterno amore).
Per questa ragione le Borse precipitano, i bond crollano, le obbligazioni slittano. E la liturgia prevede che tutto ciò venga commentato con termini incomprensibili, che si tengano riunioni di governo e che l’Europa spenda miliardi di euro. Quando basterebbe una persuasiva telefonata all’amata di cui sopra.

© RIPRODUZIONE RISERVATA