L’uomo del 1999

Il Tempo, meccanismo tanto ottuso quanto inesorabile, ridimensionato ma non sconfitto dal solo Einstein, ci ha portato via nel giro di 89 anni l’attore Martin Landau che, come i media italiani si sono affrettati a ricordare, «era quello di Spazio 1999».

Certo è di consolazione il fatto che Martin ha avuto una vita lunga, e lo testimonia la circostanza che era già un attore di primo piano quando il 1999 sembrava una data adatta alla fantascienza. Nel congedarci da lui, però, va ricordato anche che il suo contributo all’arte della recitazione va ben oltre i confini di quella sia pur memorabile serie. Landau infatti fu anche losco figuro per Hitchcock (“Intrigo internazionale”), finanziere per Francis Ford Coppola (“Tucker”), filantropo ipocrita per Woody Allen (“Crimini e misfatti”) e Bela Lugosi per Tim Burton (“Ed Wood”). Per quest’ultimo ruolo vinse anche un Oscar come migliore attore non protagonista: forse la statuetta più facile da assegnare di ogni tempo, vista l’immensità di quell’interpretazione, la perfetta adesione che seppe ottenere tra sé e il vecchio Lugosi, “Dracula” ormai ridotto a rottame esangue (ironia) e aggrappato a un regista tanto generoso quanto sgangherato.

Ma forse bisogna alla fine dar ragione ai media, e riconoscere che la parte in cui diede il meglio è quella di “1999”. Con la sua faccia normale, da persona seria, rese credibili sceneggiature colme più di fantavaneggiamenti che di fantascienza.

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