L'uomo e il frigo

Penso agli applausi rivolti dai parlamentari al presidente Napolitano e vedo un uomo in mutande davanti al frigorifero.

Perché? Per la semplice ragione che la scena rappresenta al massimo grado il fatidico istante in cui una persona è costretta a far fronte a una tentazione senza che le relazioni familiari e sociali possano influenzarlo e, soprattutto, mentre è al riparo dalla pubblica disapprovazione. In altre parole, mentre si trova nella condizione diametralmente opposta a quella dei parlamentari che applaudivano Napolitano.

Alcuni sono rimasti stupiti dal fatto che, ricoperti dalle ben tornite contumelie del presidente, i rappresentanti di quei partiti messi sotto accusa dalla società ancor prima che da Napolitano, abbiano battuto le mani invece di rimanere muti e a testa china, il collo e le guance irrorate di un imbarazzato rossore. Comprendo la naturale sorpresa ma credo sia facile superarla alla luce di qualche semplice considerazione. I parlamentari hanno battuto le mani non tanto in virtù della loro pur leggendaria faccia tosta. Piuttosto, lo hanno fatto perché nelle parole di Napolitano, piaccia o no, c’era parecchia verità e la verità, quando viene alle orecchie, ha un effetto esilarante. È come un bicchiere di buon vino che scalda e scioglie: bevuto in compagnia, affratella.

Ecco: l’altro giorno i parlamentari applaudivano perché erano un po’ brilli di verità e, uniti nell’eccitazione, si abbandonavano facilmente ai buoni propositi: cambieremo, miglioreremo, governeremo, riformeremo. Purtroppo, l’effetto inebriante della verità dura poco e le assemblee parlamentari, verso sera o anche prima, si sciolgono. Il deputato (o il senatore), più tardi, si ritroverà solo e in mutande nella situazione descritta più sopra. Se, senza altro aiuto se non della sua stessa coscienza, riuscirà a imporsi di non aprire il frigo e ficcarci dentro le zampe, allora ci sarà, per lui e per tutti noi, un lumicino di speranza.

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