L’uomo invisibile

Il problema di essere “visibile” - e quando dico visibile intendo “sessualmente visibile” - a lungo è rimasto confinato alla parte femminile dell’umanità. Non so quanto la parte in questione considerasse un piacere occuparsi di questo aspetto della propria sfera personale, e quanto fosse invece un peso, un obbligo imposto dalla controparte, notoriamente più prepotente e autoritaria. Sta di fatto che per molto tempo è stato così: le donne dovevano preoccuparsi del loro aspetto e gli uomini, che avevano costruito le regole del “gioco” sessuale a loro convenienza, potevano permettersi qualche sciatteria in più. A lungo, dunque, le donne hanno temuto l’arrivo di quell’età che segnava, diciamo così, la loro pensione estetica, il ritiro dal “gioco” di cui sopra per “raggiunti limiti”.

Tutta roba che appartiene al passato. A giudicare da quanto vedo in giro, per “raggiungere il limite”, esteticamente e socialmente, oggi per una donna ci vuole molto ma molto più tempo e l’età, comunque mai amata, comincia a non essere altrettanto temuta. Il problema, semmai, investe oggi gli uomini ai quali non basta più, come nel passato, puntellare i canoni estetici con le coordinate bancarie: le donne chiedono di più e sono più selettive.

Al punto che un sondaggio è stato in grado di determinare a quale età un uomo esca dal “radar” dell’interesse femminile: 39 anni. Arrivato alla soglia dei quaranta, l’uomo verrebbe percepito più come una “figura paterna” che come possibile attrezzatura ginnica atta alla stimolazione dei centri del piacere. Al sottoscritto, che purtroppo ha superato da tempo la soglia critica, resta nell’animo un po’ di amarezza, per questo confinamento coatto, ma anche il sollievo di chi non avverte più lo stress di dover dimostrare qualcosa. Chissà, magari, senza impegno e tanto per ridere, da questa zona grigia ignorata dal radar, sarà possibile lanciare, a titolo dimostrativo, qualche imprevisto segnale di fascino. E firmarlo, anche: L’Uomo Invisibile.

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