Ma chi costruisce i muri della prigione?

Dall’Ansa di sabato 14 agosto: «TORINO- Tutti in coda all’hub del Valentino, questa mattina a Torino, per l’Open day dedicato ai giovani tra i 12 e i 19 anni. Ben 80 quelli senza prenotazione che si sono presentati all’appuntamento nelle prime due ore, attirati anche dal “premio” messo in palio dalla Regione Piemonte: un buono per consumare un cono in una delle gelaterie aderenti all’iniziativa».

A leggerla (e a riportarla) così, la notizia induce la convinzione che ad avvicinare i giovanissimi torinesi all’hub vaccinale sia stato soprattutto il gelato. In realtà, il redattore ha scritto «anche», sottintendendo che la coda al Valentino si sia formata per una combinazione di ragioni, alcune delle quali più serie e circostanziate dell’accesso a un cono gratis.

Certo, con 34 gradi una bella combinazione di pistacchio, cioccolato e stracciatella «fa gola di più», come cantava Paolo Conte, di un Pfizer e anche di un Johnson & Johnson, ma purtroppo non difende dal Covid e non riscatta dagli ostinati che ancora si rifiutano di vedere nei vaccini una faticosa ma sicura via d’uscita dalla pandemia.

Al di là del gelato e perfino al di là del Covid, la notizia di Torino può invogliarci a qualche riflessione sugli incentivi che più muovono gli uomini, ovvero sui condizionamenti che consentono di indirizzarne (qualcuno direbbe condizionarne) i comportamenti.

Quello di Torino è l’incentivo “dolce”, ovvero il “premio”, come quello che si concede ai bambini quando si chiede loro l’adesione a comportamenti utili o addirittura necessari ma che non comportano alcuna autogratificazione. C’è poi l’incentivo punitivo, che minaccia di ritorsioni chi non si adegua a un determinato comportamento considerato indispensabile nell’economia privata o sociale.

E c’è infine l’auto-incentivo: quello che ognuno di noi potrebbe maturare quando, attraverso un processo in parte legato alla razionalità e in parte all’empatia per i nostri simili, ci rendiamo conto che attenerci a determinate regole comporta, guardando appena oltre lo stretto orizzonte dei rischi e delle limitazioni alla libertà personale, un beneficio sia per noi sia per la collettività.

In un mondo ideale, questo terzo incentivo sarebbe largamente sufficiente a guidare il nostro agire. Laddove la ragione, l’interesse personale e quello collettivo trovano un punto d’incontro, che bisogno c’è di premiare o di punire? Una simile coincidenza astrale dovrebbe convincere tutti o quasi a sostenere in suo nome anche qualche sacrificio.

Nel mondo reale non è così, e premi e punizioni introducono un elemento di manipolazione individuale e sociale che offre l’occasione a molti di lamentare violazioni alla libertà. Lamentazioni in qualche caso sacrosante, in molti altri del tutto pretestuose e immotivate. In ciò permane l’ironia sottilissima che vede chi grida a casaccio per l’oltraggio alla libertà concedersi il premio “dolce” dell’illusione di una statura morale che lo eleva sugli altri, ma nello stesso tempo, frenando la società tesa al miglioramento di se stessa, costruirsi da sé i muri della propria prigione.

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