«Magari Tav!»

A poca distanza da casa mia sorge - perché proprio non ne può fare a meno - una stazione delle leggendarie Ferrovie Nord Milano, che oggi non si chiamano più Ferrovie Nord Milano ma non importa perché tanto le chiamano tutti «le Nord». Ebbene, da un paio di giorni sul muricciolo che costeggia la linea è comparsa una scritta in imperativo spray nero: "No Tav".
Ora, se vogliamo protestare contro i "Treni ad alta velocità", possiamo anche protestare contro i "Treni ad alta velocità", e tuttavia vorrei sottolineare che non si può farlo scrivendo "No Tav" su un muretto delle Nord, perché scrivere "No Tav" su un muretto delle Nord è come disegnare un teschio e ammonire "Chi tocca muore" su una confezione di pile. La gente in attesa sulla banchina, spazientita dai costanti ritardi, è lontana dal pensare "No Tav": più probabilmente pensa «Magari Tav!» La mano anonima che ha vergato lo slogan avrebbe dovuto riflettere prima di premere l’apposita capsula della bomboletta, perché nulla quanto il ridicolo danneggia una vibrante protesta.
A dirla tutta, se la protesta diventa ridicola non è più neppure vibrante; non vibra proprio per niente e, anzi, si ammoscia. Lo dico perché, in giro, c’è aria di protesta: non necessariamente contro la Tav e, forse, per motivi anche più importanti della Tav. Ma di protestare con slogan sui muri, nei cortei e negli scontri sembra, per qualche ragione e per fortuna, che non siamo più capaci. Vuoi vedere che, per ottenere qualcosa, ci toccherà protestare con ragione, civiltà e coerenza?

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